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tive sia concettuali (dove per concetto Piaget intende la sche-
matizzazione dei dati percepiti).
Dal momento che il primo manifestarsi delle facoltà cognitive
più complesse avviene in concomitanza col primo sviluppo delle
capacità linguistiche, si potrebbe essere tentati di ricondurne la
genesi proprio alla nascita del linguaggio. Un’ipotesi di questo
tipo sarebbe suffragata dalla capacità che il linguaggio ha sia di
allargare l’orizzonte esperienziale, rendendo possibile pensare
ad oggetti che non percepiti, sia di inserire gli oggetti esperiti in
una cornice di senso maggiore di quella legata alla percezione.
In realtà, secondo Piaget, le cose sono più complesse. Infatti,
osservando più attentamente le trasformazioni dell’intelligenza
infantile al momento dell’acquisizione del linguaggio, ci si deve
accorgere che le capacità linguistiche non sono sufficienti a
offrirne una spiegazione esaustiva. Il problema maggiore in
cui si imbatte chi cerca di spiegare lo sviluppo cognitivo del
bambino in base al solo linguaggio, è il carattere interindivi-
duale di quest’ultimo (quando un individuo parla, lo fa sempre
con un altro individuo). Secondo Piaget, l’esperienza sociale
e il linguaggio di un bambino sono ancora troppo poveri per
spiegare tutti i processi cognitivi di cui si è capaci all’età di
tre anni. Per questo motivo, si deve ipotizzare che accanto al
linguaggio esistano altri sistemi di significati capaci di deter-
minare l’esperienza infantile, e che a differenza del linguaggio
si caratterizzino per una maggiore “individualità” (ovvero che
siano maggiormente slegati da contesti di tipo sociale e in-
tersoggettivo). Tali sono secondo Piaget i sistemi simbolici,
che devono godere per questo motivo della stessa attenzione
ricevuta dal linguaggio.
Nel brano vengono descritti tre sistemi simbolici.
1) Il primo è quello che Piaget chiama“gioco simbolico”. Si ha un
“gioco simbolico”quando un bambino riproduce attraverso dei
gesti una situazione diversa da quella in cui si trova realmente
(per es. quando fa finta di dormire).
2) Il secondo sistema simbolico viene chiamato da Piaget “imi-
tazione differita”. Si ha un’azione di questo tipo quando un
bambino imita qualcosa o qualcuno in sua assenza (per es.
quando imita un amico).
3) Il terzo sistema descritto viene chiamato “immaginazione
mentale”. Si tratta anche in questo caso di un’imitazione, la qua-
le però, a differenza di quella precedente, viene interiorizzata
dal bambino. Un esempio è quello dell’immagine sonora, che
si trova nella solamente, senza venire riprodotta esteriormente.
L’importanza di queste azioni sta nel fatto che si riferiscono
tutte a situazioni non presenti, aspetto che costituisce il ca-
rattere distintivo dell’attività rappresentativa. La terza azione
descritta, inoltre, è un’azione interamente mentale, così come
interamente mentale è l’attività di schematizzazione e di ela-
borazione dei concetti.
Q
ualche domanda
Che funzione ha secondo Piaget il linguaggio nello
sviluppo cognitivo del bambino?
Perché il linguaggio non è sufficiente a spiegare questo
sviluppo?
Cos’altro serve a questo scopo?
3
La cultura dell’educazione
di J. Bruner
L’autore
Jerome Bruner (1915) è uno
psicologo e pedagogista statunitense.
I suoi maggiori contributi riguardano
la psicologia cognitiva e la psicologia
dell’educazione.
L’opera
Ne
La culturadell’educazione. Nuo-
vo orizzonti per la scuola
(1996), Bruner
affronta alcune domande fondamentali
dell’educazione scolastica: quali sono gli
obiettivi dell’educazione? Cosa significa
educare? Nel rispondere, lo studioso ame-
ricano critica ogni prospettiva che indichi
nella socializzazione il fine del processo
educativo scolastico, per indicare questo
nella formazione intellettuale e scientifica
dell’allievo.
Il brano
In questo brano, Bruner spiega
cosa si deve intendere per “culturalismo”
o “approccio culturalista”, mettendone
in rilievo sia gli obiettivi sia la distanza
rispetto ad approcci differenti.
L’educazione
parte della
cultura
L’approccio culturalista all’educazio-
ne è radicalmente diverso. Il cultura-
lismo parte dalla premessa che l’edu-
cazione non è un’isola, ma fa parte
del continente della cultura. Innanzitutto si chiede che
funzione svolge l’“educazione” nella cultura e che ruolo
ha nella vita di quanti operano al suo interno. La doman-
da successiva potrebbe riguardare il motivo per cui l’edu-
cazione occupa un certo posto nella cultura e in che
modo questa collocazione riflette la distribuzione del po-
tere, del prestigio sociale e di altri benefici. È inevitabile
che, fin dall’inizio o quasi, il culturalismo si chieda anche
quali sono le risorse abilitanti che vengono messe a dispo-
sizione delle persone perché possano cavarsela, e quale
porzione di tali risorse viene resa disponibile attraverso
l’“educazione”, intesa come istituzione. Inoltre si preoc-
cuperà sempre dei limiti imposti al processo educativo –
limiti esterni come l’organizzazione della scuola e della
classe e il reclutamento degli insegnanti, limiti interni
come la distribuzione naturale o indotta
1
di doti innate
(poiché le doti innate possono essere influenzate non sol-
tanto dalla distribuzione dei geni, ma anche dalla possi-
bilità di accedere ai sistemi simbolici).
Il compito del
culturalismo
Il compito del culturalismo è dupli-
ce. Sul versante “macro”, guarda alla
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