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gnato dalla presenza dei media digitali e Der-
rick de Kerckhove, a sua volta, ha parlato di
cyberception
. Secondo lo studioso, la
cyber-
ception
prospetta una percezione del tutto
differente rispetto a quella del mondo fisico
o a quella di natura introspettiva.
Ma in che modo «la natura intrinsecamente
interattiva dei media digitali genera una par-
ticolare ridefinizione dell’apparato cognitivo-
percettivo» in conseguenza dell’immersione
istantanea nel Web?
Un altro aspetto da considerare riguarda la
cosiddetta “
esternalizzazione dei processi
mentali
”: la tecnologia informatica consen-
te di spostare all’esterno – sulla macchina –
alcune delle funzioni proprie della mente
umana. L’esternalizzazione della memoria
(cioè la possibilità di archiviare dati concreti
in un luogo che non è la nostra testa) rappresenta l’esempio forse più scontato, ma as-
sai pertinente: l’
hard disk
di un computer o la stessa Rete si appropriano di una tipica
capacità umana, ridefinendo in tal modo il confine tra sapere, erudizione e creatività.
Ma il fenomeno dell’esternalizzazione ha dimensioni molto vaste e coinvolge numero-
si ambiti della conoscenza oltre alla memoria: sono infatti tutti i processi conoscitivi a
sperimentare un nuovo approccio nel rapporto con la macchina e la Rete.
L’uomo cibernetico si muove secondo modalità del tutto nuove. Egli riposiziona la con-
nessione tra il suo io e il mondo, modificando i confini, il “dentro” e il “fuori” del sé.
Quella che veniva considerata come una radicale opposizione tra soggetto e oggetto as-
sume la fisionomia di un’inedita forma di interazione multipolare tra soggetto e realtà.
Il computer costituisce non solo un’opportunità didattica di apprendimento e di autoap-
prendimento, ma si configura come un eccezionale strumento che consente l’interazione
dei diversi livelli e contesti di conoscenza. Anziché assoggettare l’individuo, ne esalte-
rebbe le potenzialità e le capacità creative. A questa visione positiva e creativa dell’ap-
proccio infotelematico corrisponde anche la constatazione che essa è coerente con il
riposizionamento dell’apprendimento nella società della piena conoscenza.
Ci troveremmo in presenza di una
virtuosa sinergia
tra la grande Rete e le reti con-
cettuali dei singoli individui; lo scopo dell’intervento educativo-formativo dovrebbe
assicurare la padronanza di un metodo per codificare le informazioni dell’esperienza
in dati o in procedure, per sviluppare il raggio di padronanza dell’esperienza del mon-
do tramite queste procedure, per generare nuove conoscenze mediante procedure cor-
rette ed efficaci.
All’ottimismo di alcuni fa da controcanto la prudenza di quanti intravedono nella Rete
un potenziale nuovo
strumento di oppressione e dominio
o di conformismo aliena-
to. Inoltre, questo tipo di tecnologia sarebbe strutturata in modo da spingere gli uten-
ti verso certe modalità e finalità piuttosto che altre.
Non esisterebbe insomma una tecnologia neutra, ma essa porterebbe inscritto in sé il
proprio “
programma d’uso
”, risentendo di una progettazione ad essa precedente e,
dunque, di finalità, se non del tutto predeterminate, almeno in larga parte condizionate.
Seymour Papert, uno dei
pionieri della cibernetica e
della didattica digitale, parla
del computer come di una vera
e propria
learning machine
,
cioè di una “macchina per
l’apprendimento” intesa come
strumento che l’adulto o il
bambino può gestire in modo
flessibile e originale grazie alle
nuove modalità di conoscenza
rese possibili dalla Rete.
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