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e vista tutt’uno con la formazione del buon cittadino. Alla base della moralità personale
erano poste le pratiche religiose che nella vita quotidiana si intrecciavano con gli eserci-
zi pratici per imparare un mestiere o con i compiti scolastici, costituendo le une e gli al-
tri la base della moralità personale. Il punto di vista educativo degli animatori delle ini-
ziative laiche puntava, invece, sulla valorizzazione delle potenzialità dell’individuo e sul
suo desiderio di riuscita e successo secondo l’impostazione del
self-helpismo
anglosasso-
ne: la riuscita nella vita dipende dalla volontà personale e dal desiderio di affermazione.
Queste diverse visioni erano in concorrenza reciproca: la cultura educativa dei cattolici
guardava alla fede religiosa come al
fondamento
anche della vita civile, mentre la visione
laica puntava a una società deconfessionalizzata e riduceva la fede religiosa a un’esperienza
ricondotta entro la
sfera personale
. Gli uni e gli altri nell’impegno educativo trasferivano
il proprio modello di vita ideale e sociale, puntando a conquistare le coscienze dei giovani.
Queste significative differenze non devono offuscare, tuttavia, anche alcuni punti di
evidente analogia. Le pratiche educative non erano, in genere, sostenute – nell’uno e
nell’altro caso – da una vera e propria elaborazione pedagogica (di qui l’espressione “pe-
dagogia povera”), ma erano predisposte in modo assai pratico così da rispondere alle
esigenze dei ragazzi
: assistenza materiale, ospitalità, istruzione, avviamento al lavoro.
L’idea preventiva assai comune fin dai secoli precedenti (meglio educare al bene piut-
tosto che reprimere al momento dell’errore) si traduceva in un’autorità esercitata tal-
volta in modo rude e nel prevalere dell’interesse generale su quello personale (come si
vedrà più avanti l’idea patriottica avrebbe costituito un motivo ricorrente). L’approc-
cio preventivo era inoltre affidato a un’assai diffusa consuetudine di
premi e castighi
e
soprattutto alla capacità dell’educatore di rappresentare una figura esemplare di adulto.
In linguaggio pedagogico potremmo dire che l’azione educativa era in buona sostanza
più affidata all’arte personale che alla scienza pedagogica.
Le domande
del presente
Il diritto allo studio nella Costituzione italiana
Una scuola aperta a tutti
La Costituzione
italiana assegna alla scuola e all’istruzione
una posizione centrale: nel testo costitu-
zionale si afferma infatti non solo che la
ricerca e l’insegnamento devono essere
liberi (art. 33), ma anche che la possibilità
di studio deve essere aperta a tutti, senza
distinzione di censo o di
altro tipo (art. 34).
L’istruzione come dirit-
tosociale
È utileora sof-
fermarsi su quest’ultimo
aspetto. Dire che la scuo-
la deve essere accessibile
a tutti significa affermare
che l’istruzione rappre-
senta un diritto sociale
fondamentale; inquanto
tale, lo Stato ha dunque
il dovere di garantire che
ogni cittadino possa go-
derne, rimuovendo gli
L’art. 34 prevede un obbligo scolastico di
otto anni (cinque di scuola primaria e tre
di scuola secondaria di primo grado), che
nel 2007 è stato elevato alla durata di die-
ci anni. In base all’ordinamento attuale,
dunque, a ogni cittadino deve essere ga-
rantito un percorso di studi che duri fino al
compimento del sedicesimo
anno di età.
Borse di studio
In secon-
do luogo, lo Stato garantisce
che i più capaci e meritevo-
li, anche se privi di mezzi,
possano raggiungere i più
alti livelli di studio. A que-
sto scopo, sempre in base
all’art. 34, è organizzato un
sistema di premi e di borse
di studio che vengono asse-
gnati tramite concorso.
eventuali ostacoli che possono impedire
di raggiungere tale obiettivo. A tale propo-
sitodue sono le strade da seguire, indicate
nello stesso testo costituzionale.
L’obbligo scolastico
Innanzitutto l’istru-
zione deve essere obbligatoria e gratuita.
Q
ualche domanda
Chi si occupò
dei fanciulli poveri
e abbandonati
in questo inizio
di secolo?
Che cosa
differenziava
le culture educative
cattolica e laica
nell’ambito della
“pedagogia povera”?
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