Dietro alle suggestioni di Schiller, che considerava il gioco un’attività umana pura, li-
beratrice e creativa, Fröbel concepì il gioco come l’attività che permetteva al bambino
di crescere secondo i suoi ritmi e di cogliere in maniera intuitiva l’essenza della realtà
(il “divino” secondo il suo linguaggio) e i processi del divenire naturale. Il pedagogi-
sta tedesco scrisse che «i giochi di questa età sono i germi di tutta la vita futura: poiché
in essi tutto l’uomo si rivela, sviluppandovi le sue più fini tendenze, la intima natura».
Il gioco a lungo considerato dagli educatori come occasione di potenziale dissipazione
o, nel migliore dei casi, come sana ricreazione fu invece concepito da Fröbel (con un’in-
tuizione destinata in seguito a essere confermata dalle ricerche di numerosi studiosi nel
primo Novecento) come il
baricentro
dell’educazione infantile. Su queste basi si svi-
luppò l’idea dei “doni” (
Geschenke
), cioè di giocattoli dotati del
potere simbolico
di
far intuire al bambino le leggi che regolano il mondo.
I
doni
furono pensati secondo una logica sequenziale e progressiva. Il primo dono era
rappresentato da una palla elastica alla quale venivano associate specifiche attività pra-
tiche intervallate dalla recita di brevi poesie e da semplici canti. La palla diveniva og-
getto di osservazione e di appositi esercizi (manipolazione, lanci, passaggi) ed era ac-
compagnata da sei palle più piccole di colori diversi che consentivano giochi analoghi.
Padroneggiando la palla il bambino familiarizzava con le proprietà fondamentali dei
corpi (forma, peso, grandezza, colore ecc.).
Il secondo dono consisteva in una sfera e in un cubo di legno e, come figura interme-
dia, in un cilindro anch’esso di legno. Gli esercizi compiuti con questi oggetti avevano
lo scopo di dimostrare al bambino la possibile armonia che governa anche ciò che ap-
parentemente è contrario: l’instabilità e il movimento nella sfera e la stabilità nel cubo
si fondono nel cilindro; analogamente, superficie piana (cubo) e superficie curva (sfe-
ra) si ritrovano nel cilindro.
Altri aspetti della realtà (unità e pluralità, lunghezza e grandezza, moltiplicazione e di-
visione) erano associati ad altri doni. Il terzo era costituito da un cubo diviso in otto
piccoli cubi, il quarto ancora da un cubo distribuito in tavolette di spessore e lunghez-
za diverse e così di seguito con altri oggetti. Lo scopo era quello di rispondere al biso-
gno del bambino di “vedere dentro” e di manipolare oggetti grandi e piccoli.
Accanto ai doni e alle canzoncine, Fröbel previde altre attività educative come il mo-
dellaggio, il cucito, gli intrecci di carta, tutte
definite “occupazioni”, compiti introduttivi
al lavoro manuale predisposti secondo una
progressione rispondente agli stadi di svilup-
po del bambino.
A sinistra uno dei doni utilizzati
da Fröbel e a destra la canzone
Finger Game
, una delle tante
raccolte da questo filosofo
nel libro
Mutter und Koselieder
.
Ein Familienbuch
(
Canti materni
e vezzeggiativi. Un libro
di famiglia
, 1843).
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30/12/