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La parabola dell’aportismo cominciò a declinare verso l’ultima parte del secolo quando
giunse anche in Italia l’esperienza dei Giardini d’infanzia creati dal pedagogista tede-
sco Friedrich Fröbel, più attenti alle esigenze psicologiche dei bambini e in linea con lo
sviluppo della scuola elementare ormai sempre più frequentata in modo generalizzato.
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Friedrich Fröbel e i Giardini d’infanzia
Se l’infanzia dell’abate Aporti era ancora totalmente ottocentesca, il nome di Fröbel è
già associato a un’infanzia che cominciava a presentare una fisionomia con tratti di no-
tevole modernità: un bambino non più solo da custodire e alfabetizzare, ma al quale si
riconosce anche il diritto di giocare e di apprendere attraverso il gioco in un luogo – il
Giardino d’infanzia – di libera espressione e di crescita non ancora condizionata dal-
le regole della vita adulta.
Le esperienze infantili e giovanili ebbero forte influenza sulla visione del mondo e
sull’idea di educazione in Friedrich Wilhelm August Fröbel. Nato nella boscosa Tu-
ringia, una regione della Germania centrale, nel 1782, crebbe a stretto contatto con la
natura e nel clima romantico del suo tempo aderì con entusiasmo alle teorie della
Na-
turphilosophie
(“filosofia della natura”) in gran voga nell’Università di Jena ove stu-
diò tra il 1799 e il 1802.
Secondo questa visione del mondo (coltivata da importanti studiosi come Schiller,
Schelling, Novalis e lo stesso Goethe), l’intera natura è come guidata da un’anima, ov-
vero una
forma di intelligenza immanente
che regola sia la forma sia l’evoluzione
delle cose. Essa si riscontra sia nelle forme più semplici e meno consapevoli del mondo
quali le cose materiali, sia, per contro, nell’opposto, ovvero nell’espressione del genio
letterario e artistico. La coscienza dell’anima del mondo da parte dell’uomo permette
all’uomo stesso di comprendere come la natura sia
originariamente identica
a ciò che
in lui viene riconosciuto come principio intelligente e cosciente. Il divino si manifesta
in tutte le cose in quanto agisce in esse (dottrina panteista).
Secondo Fröbel, scopo dell’educazione – come scrive nella sua opera più importante,
L’educazione dell’uomo
(1826) – è la conoscenza della natura «nella molteplicità del-
le sue forme e delle sue configurazioni». L’uomo dovrebbe capirne «i modi di essere e
giungere a realizzarne l’unità». In questo modo «nel suo stesso sviluppo egli segue il
corso della Natura e ne imita le modalità di creazione nei giochi». L’educazione è perciò
chiamata, da un lato, a configurarsi come sostegno
all’
autorealizzazione personale
(attraverso di essa
ciascun soggetto acquisisce infatti la propria forma
come identità personale) e, dall’altro, a sperimenta-
re il senso divino nella realtà della natura.
Lo studioso tedesco rifiuta la teoria della
tabula
rasa
sostenuta da Locke e dai sensisti illuministi («Il
bambino non è un pezzo di cera o un blocco di ar-
gilla che possiamo modellare a nostro piacere») e,
mediante una metafora di genere naturalistico, par-
la invece, con riferimento all’educazione naturale di
Rousseau, dei bambini che crescono come di «giova-
ni piante e piccoli animali cui diamo tempo e spazio,
nella consapevolezza che bene si sviluppano e bene
Q
ualche domanda
Quali iniziative
vi furono nei
primi due decenni
dell’Ottocento in
Francia e Inghilterra?
Su quali aspetti
verteva l’esperienza
educativa di Aporti?
Friedrich Fröbel circondato
da bambini intenti a giocare
con i doni: una serie di giochi
proposti metodicamente
ai piccoli con l’intento
di sfruttare la curiosità
che è propria della loro
età. Bassorilievo al di sopra
dell’entrata della Biblioteca
del Wheelock College
di Boston, Massachusetts.
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