ti che ai più incerti, con il santo aiuto di Dio, li condur-
rete tutti a Lui, come è nel vostro intento». Udite queste
parole l’abate proruppe in gemiti
12
e disse: «Ci siamo
davvero allontanati dalla verità e la luce della discrezione
non ci ha più illuminati». Cadde ai piedi di Anselmo pro-
clamando di avere sbagliato e di essere un peccatore, gli
chiese perdono per il suo precedente atteggiamento e
promise che in futuro l’avrebbe modificato.
Abbiamo raccontato questo episodio per fare capire da
esso quanto amore e quanta discrezione manifestasse ver-
so tutti.
(Eadmero di Canterbury,
Vita di sant’Anselmo
, I, IV, 30-31,
a cura di S. Gavinelli, Jaca Book, Milano 1987, pp. 67-69)
1.
Religiosamente devoto.
2.
Pianta giovane.
3.
L’avvio a una vita cristia-
na all’interno di un monastero.
4.
Li limitate.
5.
Vergognoso, che merita
disapprovazione.
6.
Impeccabile.
7.
Botte.
8.
Lavorare una lastra metalli-
ca per ottenere figure in rilievo su una faccia mediante abbassamento del
fondo sulla faccia opposta.
9.
Pene, tormenti.
10.
Abituata.
11.
Maniera.
12.
Lamenti.
Commento
Eadmero riporta la posizione di Anselmo
sull’opportunità di impiegare punizioni
corporali, al fine di educare i giovani. Secondo il suo racconto,
Anselmo non nega che talvolta possa essere utile ricorrere a
punizioni di questo tipo. Egli è tuttavia decisamente contrario
al fatto che le “percosse” costituiscano l’unico o il principale
mezzo attraverso cui condurre i giovani a Dio.
L’episodio fa riferimento a una discussione tra Anselmo e un
suo confratello intorno alla disciplina monastica. Quest’ultimo
si lamenta del fatto che, pur continuando a essere frustati,
i fanciulli cresciuti nel monastero non rispettino le regole,
dimostrandosi “cattivi e incorreggibili”. Anselmo, stupito di
quanto gli viene detto, rimprovera severamente il confratel-
lo, sostenendo l’inaccettabilità del suo comportamento: egli
sostiene che una disciplina troppo severa, fatta di percosse e
punizioni, non solo non serve a estirpare il male, ma è causa
del suo insediamento nell’animo dei giovani.
Sono due le argomentazioni principali che Anselmo utilizza per
sostenere la propria posizione. Innanzitutto ricorre a una simili-
tudine, paragonando l’allievo a una giovane pianta: così come
un virgulto soffocato e limitato da ogni parte cresce male, con
“rami piegati e intrecciati tra loro”, allo stessomodo un giovane
continuamente sottoposto a “minacce e percosse” non può che
crescere impaurito, incapace di godere di nessuna libertà. In
secondo luogo, Anselmo con un’analogia afferma che anche
l’anima, similmente al corpo, può ricevere solamente un nutri-
mento adatto alle sue caratteristiche: infatti, così come il corpo
forte è in grado di assumere cibi solidi, mentre quello debole
necessita di cibi più facilmente assimilabili, allo stesso modo
solo l’anima forte è in grado di sopportare castighi e sofferenze,
mentre quella fragile, a cui dolori e punizioni non possono che
far male, ha bisogno di “un’affettuosa comprensione paterna”.
In base a queste ragioni, Anselmo oppone al modello educativo
rigido e punitivo adottato dal proprio confratello (e diffuso
in molti monasteri dell’epoca) un metodo di insegnamento
differente, ispirato ai valori dell’amore e della comprensione.
Q
ualche domanda
➜
Qual è il senso della similitudine tra il giovane
e il virgulto?
➜
Perché, secondo Anselmo, una giusta educazione deve
basarsi anche su un’affettuosa comprensione paterna?
➜
Perché è controproducente essere duri verso un’anima
fragile?
3
La ricerca della verità
di Pietro Abelardo
L’autore
Pietro Abelardo (1079-1142) è
stato uno dei più importanti pensatori
medievali. Ha approfondito questioni di
logica, etica e teologia, dedicando a tali
argomenti alcuni importanti scritti.
L’opera
Nel
Sic et non
Abelardo espone il
metodo proprio della scolastica, che con-
sisteva nel ricorso alla ragione per deter-
minare la verità e l’uso, a tale scopo, della
quaestio
o della disputa.
Ilbrano
Come emergedal branoqui ripor-
tato, Abelardo vede inquesta ricerca lapos-
sibilità di svegliare lementi dei giovani stu-
denti – spessoannebbiatedall’accettazione
passiva delle opinioni altrui – e una strada
per giungere più pienamente alla verità. Il
dubbiodi cui si parlanel testo, più chedello
scetticismo, è indice del rifiuto dell’ovvietà
ed è stimolo per il ragionamento.
La domanda
come chiave
d’accesso alla
sapienza
Abbiamo pensato di raccogliere le
diverse opinioni dei Padri
1
, per
quanto ne abbiamo memoria, le
quali, per certe dissonanze
2
che sem-
brano avere, sollevano questioni tali
che possono provocare
3
le giovani menti al più alto eser-
cizio di ricercare la verità e le possono così rendere più
acute, proprio per tale indagine. In effetti, la prima chia-
ve
4
della sapienza è proprio la domanda assidua
5
o fre-
quente; Aristotele stesso, il più intelligente di tutti i filo-
sofi, ha esortato gli studiosi a prenderla in considerazio-
ne, dicendo: Ma forse è difficile raggiungere assoluta-
mente la chiarezza in queste cose, se non sono conside-
rate attentamente.
M1_LIBRO_3B.indb 30
30/12/