Socializzazione
primaria e
generalizza-
zione
La socializzazione primaria crea nella
coscienza del bambino una progressi-
va astrazione dai ruoli e dagli atteg-
giamenti degli altri in particolare ai
ruoli e agli atteggiamenti
in generale
.
Per esempio, nell’interiorizzazione delle norme c’è una
progressione da: “La mamma è in collera con me
ora
” a:
“La mamma è in collera con me
tutte le volte
che rovescio
la minestra”.
Via via che le altre persone importanti per il bambino
(padre, nonna, sorella maggiore e così via) appoggiano
l’atteggiamento negativo della madre verso il figlio che
rovescia la minestra, la generalità della norma viene sog-
gettivamente allargata.
L’“altro
generalizzato”
Il passo decisivo viene compiuto
quando il bambino riconosce che
tutti sono contrari a che si rovesci la
minestra, e la norma viene generaliz-
zata e diventa: “
Non
si rovescia la minestra”, in cui il “si”
è riferito a se stesso come parte di una generalità che in-
clude, in linea di principio,
tutta
la società nei limiti in
cui è significativa per il bambino.
Questa astrazione dai ruoli e dagli atteggiamenti delle
concrete persone a lui vicine viene chiamata l’“altro gene-
ralizzato”. La sua formazione nella coscienza significa che
l’individuo ora si identifica non solo con gli altri concreti
ma con una generalità di altri, cioè con una società. [...]
La formazione dell’altro generalizzato nella coscienza se-
gna una fase decisiva della socializzazione. Implica l’in-
teriorizzazione della società in quanto tale e della realtà
oggettiva ivi istituita, e, allo stesso tempo, l’affermazione
soggettiva di un’identità coerente e continua
1
. La società,
l’identità e la realtà vengono soggettivamente cristallizza-
te nello stesso processo di interiorizzazione. [...]
I genitori come
unico mondo
possibile
Nella socializzazione primaria non
c’è un
problema
di identificazione.
L’individuo non ha la possibilità di
scegliere le persone per lui importan-
ti. La società mette davanti al candidato alla socializzazio-
ne un gruppo predefinito di persone che influiranno su
di lui, che egli deve accettare come tali, senza alcuna pos-
sibilità di optare per una situazione diversa.
“Hic Rhodus, hic salta
2
”. Ci si deve arrangiare con i ge-
nitori che la sorte ci ha dato. Questo ingiusto svantaggio
inerente alla situazione di essere bambino ha l’ovvia con-
seguenza che, sebbene il bambino non sia semplicemente
passivo nel processo della propria socializzazione, sono
gli adulti che stabiliscono le regole del gioco.
Il bambino può partecipare al gioco con entusiasmo op-
pure di malavoglia e tenendo il broncio, ma, ahimè, non
c’è nessun altro gioco a portata di mano. Questo ha un
importante corollario: dato che il bambino non ha alcu-
na scelta nella selezione delle persone che hanno valore
per lui, la sua identificazione con loro è quasi automa-
tica. Per la stessa ragione, la sua interiorizzazione della
loro particolare realtà è quasi inevitabile. Il bambino non
interiorizza il mondo delle persone per lui importanti
come uno dei molti mondi possibili: lo interiorizza come
il
mondo, l’unico mondo esistente e concepibile, il mon-
do
tout court
.
Socializzazione
primaria e
secondaria
Per questo il mondo interiorizzato
nella socializzazione primaria è tanto
più saldamente radicato nella co-
scienza di quanto lo siano i mondi
interiorizzati nelle socializzazioni secondarie. Anche se
l’originario senso di inevitabilità viene indebolito dalle
successive disillusioni, il ricordo di una certezza irripeti-
bile – la certezza della prima alba della realtà – continua
ad aderire sempre al primo mondo dell’infanzia
3
.
La socializzazione primaria mette così in atto quella che
(con il senno del poi, naturalmente) si può considerare la
più grossa truffa che la società faccia ai danni dell’indi-
viduo: far apparire come necessità ciò che in realtà altro
non è che un insieme di fatti contingenti
4
, e rendere così
significativo l’incidente della sua nascita.
(P.L. Berger, T. Luckmann,
La realtà come costruzione sociale
,
il Mulino, Bologna 1969)
1.
La “scoperta” dell’altro generalizzato provoca non solo l’interiorizzazione
delle norme sociali in quanto realtà oggettive e stabili, ma anche la costitu-
zione di un’identità personale anch’essa stabile e indipendente, perché solo
a questo punto l’individuo può cogliersi come qualcosa che resta costante
e uguale a se stesso anche quando l’interlocutore cambia.
2.
“Qui è Rodi,
qui salta”: detto latino che ha origine da una favola di Esopo, dove un atleta
afferma di aver compiuto un salto favoloso a Rodi, senza che nessuno possa
però verificare quanto le sue parole siano vere. Fuor di metafora, bisogna
affrontare le situazioni secondo le caratteristiche con cui si presentano.
3.
In altri termini: anche se “da grandi” si scoprirà che è possibile mangiare
con le mani, ciò verrà di solito intimamente percepito come un atto eversi-
vo, come la violazione di una norma “oggettiva”.
4.
Il fatto contingente di
essere nato in quel momento, in quel luogo, in quella famiglia produce una
serie di effetti altrettanto contingenti, come parlare quella lingua, conosce-
re e seguire (o non seguire) quella religione, mangiare quel cibo. Ma tutto
ciò, attraverso la socializzazione primaria, viene percepito dall’individuo
come una necessità, come se si trattasse di leggi di natura.
Commento
Nel contesto della socializzazione prima-
ria, si verifica nella mente del bambino
una progressiva astrazione dai ruoli e dagli atteggiamenti del-
le persone che lo circondano. Questo processo viene spiegato
dagli autori attraverso un esempio: si tratta del caso di un bam-
bino che rovescia il piatto di minestra e che per questo viene
rimproverato dalla madre. In un primo momento, il bambino
lega la disapprovazione alla sola madre e al solo gesto com-
piuto da lui in quel determinato momento. In un secondomo-
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