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L’identità personale e le identità collettive 
di Amartya Sen
L’autore
Amartya Sen (1933) è un econo-
mista e filosofo indiano. È autore di nu-
merose opere sui temi dell’uguaglianza e
dello sviluppo, in cui le problematiche eco-
nomiche vengono affrontate sullo sfondo
di una riflessione di tipo filosofico emorale.
Sono da ricordare, tra le altre,
Sulla dise-
guaglianza economica
(1973);
Etica ed eco-
nomica
(1987);
La diseguaglianza
(1994);
Globalizzazione e libertà
(2002);
Identità e
violenza
(2006). Nel 1994 gli è stato confe-
rito il premio Nobel per l’economia.
L’opera
Nel saggio
Identità e violenza
, Sen
svolge un’analisi accurata del concetto di
identità. L’autore critica l’idea che si possa
parlare di un’identità personale univoca,
sostenendo che l’identità della persona
sia sempre, inevitabilmente, qualcosa di
plurimo e di differenziato.
Il brano
Nel brano che viene presenta-
to, l’economista indiano sottolinea come
ognuno di noi si definisce sulla base
dell’appartenenza a gruppi differenti;
ciò dovrebbe sollecitarci ad attribuire un
particolare peso a ciascuna delle identità
che da tale appartenenza derivano. Solo
in questo modo possiamo sfuggire sia
all’impoverimento implicito nella scelta di
abbracciare un’unica e restrittiva identità
sociale, sia all’indeterminatezza che na-
sce dal sentirsi dispersi e frammentati in
una miriade di affiliazioni, qualora queste
vengano poste tutte sullo stesso piano.
La pluralità
delle
categorie di
appartenenza
Esiste una gran quantità di categorie
diverse a cui apparteniamo simulta-
neamente. Io posso essere al tempo
stesso un asiatico, un cittadino india-
no, un bengalese con antenati del
Bangladesh, residente in America e in Gran Bretagna,
economista, filosofo a tempo perso, scrittore, sanscriti-
sta
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, convinto assertore del laicismo e della democrazia,
uomo, femminista, eterosessuale, difensore dei diritti dei
gay e delle lesbiche, con uno stile di vita non religioso, di
famiglia induista, non bramino
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, che non crede nella vita
dopo la morte (e nemmeno, nel caso vogliate saperlo, in
una vita prima della morte).
È solo un piccolo campione delle diverse categorie cui
posso appartenere simultaneamente, ma esistono ovvia-
mente molte altre categorie di appartenenza che, a secon-
da delle circostanze, mi possono influenzare e coinvol-
gere. Appartenere a ognuno di questi gruppi può essere
importante, a seconda del contesto specifico. Quando
questi gruppi competono fra di loro per avere più atten-
zione e ottenere la priorità (non necessariamente è così,
fra le esigenze di diverse appartenenze può anche non es-
serci conflitto), l’individuo deve prendere una decisione
sul peso relativo da attribuire alle rispettive identità, che
dipenderà, di nuovo, dalla specifica natura del contesto.
Ci sono due distinti problemi a questo riguardo. Il primo
consiste nel riconoscere che le identità sono in larga mi-
sura plurali, e che l’importanza di un’identità non deve
necessariamente cancellare l’importanza delle altre.
Il secondo è che una persona deve fare delle scelte – espli-
cite o implicite – sul peso relativo da attribuire, in un
particolare contesto, alle divergenti fedeltà e priorità, che
possono essere in competizione tra loro per avere la pre-
cedenza.
Due tipi di
riduzionismo
Identificarsi con gli altri, sotto diversi
e numerosi aspetti, può essere di
estrema importanza per vivere in una
società. Non è sempre semplice, però, persuadere gli ana-
listi sociali ad assumere posizioni convincenti sul concet-
to di identità.
In particolare, nell’analisi economica e sociale tradizio-
nale sono particolarmente diffusi due diversi tipi di ri-
duzionismo
3
. Uno può essere chiamato “indifferenza
per l’identità”, e si traduce nell’ignorare, o nel trascurare
completamente, l’importanza di un sentimento di identi-
tà con altre persone riguardo ciò cui diamo valore e come
ci comportiamo. Per esempio, gran parte della teoria eco-
nomica contemporanea procede come se, nello scegliere
i propri scopi, i propri obiettivi e le proprie priorità, la
gente non avesse – o lo considerasse trascurabile – al-
cun sentimento di identità con altri da sé
4
. John Donne
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mette in guardia sul fatto che «nessun uomo è un’isola,
completo in sé», ma gli esseri umani ipotizzati dalla teo­ria
economica pura spesso si considerano più o meno «com-
pleti in sé».
Un diverso tipo di riduzionismo, di segno opposto a
quello precedente e che potremmo chiamare dell’“affilia-
zione unica”, parte dal presupposto che qualsiasi persona
appartenga prevalentemente, a tutti i fini pratici, a una
collettività soltanto, niente di più e niente di meno.
Naturalmente noi sappiamo che in realtà qualsiasi essere
umano appartiene a molti gruppi diversi, in virtù del-
la nascita, delle associazioni e delle alleanze. Ognuna di
queste identità di gruppo può dare all’individuo – e a
volte lo fa effettivamente – un senso di affiliazione e fe-
deltà. Ciononostante, l’idea di un’affiliazione unica gode,
anche solo implicitamente, di un’incredibile popolarità
presso numerosi gruppi di studiosi della società. [...]
I rischi
dell’affiliazione
unica
Considerare una persona saldamente
incastrata in un’affiliazione, e in una
soltanto, annulla i complessi intrecci
fra molteplici gruppi e fedeltà multi-
ple, rimpiazzando la ricchezza di una vita umana piena
con una formula circoscritta che insiste sul fatto che ogni
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