1. Wittgenstein e la tradizione empiristica
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Nella
Natura del giudizio
(1899) Moore sostiene che anche i
concetti
hanno un’
esistenza
reale
, indipendente da chi li pensa; questa tesi va sotto il nome di «realismo concettuale».
Essa è attenuata però nella
Confutazione dell’idealismo
(1903). Qui Moore non parla più di
un’esistenza reale dei concetti, ma si limita a sostenere che l’
oggetto della percezione
non
si può ridurre al soggetto, perché continua a esistere anche se nessuno lo percepisce. Nella
sensazione di un colore non è contenuta solo la coscienza soggettiva del colore, ma anche
l’oggetto della coscienza, ossia il colore. Se così non fosse non si potrebbero distinguere sen-
sazioni diverse, come quella del colore blu o quella del colore verde: esse infatti hanno in
comune l’elemento della coscienza, ma non l’oggetto della coscienza.
All’idealismo
Moore
contrappone quindi un’
impostazione realistica
: l’
essere
non si ridu-
ce all’essere percepito, ma è dotato di una
realtà indipendente
rispetto alla coscienza sog-
gettiva. In questo modo, secondo Moore, si può uscire dalla convinzione idealistica che tut-
to si riduca alla coscienza soggettiva: avere una sensazione “di qualcosa” è già uscire fuori
dalla soggettività.
FILOSOFI
A
CONFRONTO
LE DIFFERENZE TRA IDEALISMO E REALISMO
IDEALISMO
REALISMO (Moore)
non c’è distinzione tra soggetto e oggetto
soggetto e oggetto sono distinti
l’essere si riduce all’essere percepito
l’essere non è riducibile all’essere percepito
l’oggetto della percezione cessa di esistere se
nessuno lo percepisce
l’oggetto della percezione continua a esistere anche
se nessuno lo percepisce
tutto si riduce alla coscienza soggettiva
non tutto si riduce alla coscienza soggettiva:
avere una sensazione di qualcosa significa uscire
dalla soggettività
L’
esperienza quotidiana
è dotata di un’evidenza che può essere assunta come
criterio
per
risolvere i
dubbi scettici
. Secondo Moore, infatti, avere una sensazione significa essere fuo-
ri del cerchio delle nostre impressioni personali: avere una sensazione vuol dire conoscere
qualcosa che non è una parte della nostra esperienza soggettiva.
Questa
difesa del senso comune
viene sviluppata da Moore negli scritti successivi:
Alcuni prin-
cipali problemi della filosofia
(1910-1911),
In difesa del senso comune
(1925) e
La prova dell’esisten-
za del mondo esterno
(1939). In questi saggi Moore difende le principali verità contenute nel
modo comune di concepire il mondo. Egli difende, cioè, alcune convinzioni comuni:
•
la convinzione che ci siano
oggetti nello spazio
, i quali esistono anche quando non so-
no percepiti;
•
la convinzione che ci siano
atti di coscienza soggettivi
nel
tempo
;
•
la convinzione che esistano un
mondo esterno
e
altri esseri
simili a noi.
Secondo Moore tali convinzioni non hanno bisogno di una prova per essere vere. Sono in-
fatti percepite come
verità autoevidenti
, cioè evidenti di per se stesse. Per esempio, non ab-
biamo dubbi sull’esistenza di una sedia dietro di noi o delle nostre mani: basta mostrarle
per togliere ogni dubbio.
Un problema che si apre nell’impostazione di Moore è quello di stabilire che cosa è il
con-
tenuto della percezione
. Nei primi saggi egli sosteneva che contenuto della percezione fos-
sero direttamente gli oggetti; successivamente, invece, giunge alla conclusione che contenu-
La distinzione tra
coscienza e oggetto
L’evidenza
dell’esperienza
quotidiana
La difesa del senso
comune
L’inferenza dai dati
sensoriali agli oggetti
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