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stein e, poi, dell’empirismo logico mostreranno
che una posizione radicalmente empiristica non
è sostenibile, come emerge già dagli sviluppi del-
la filosofia di Wittgenstein, dai ripensamenti degli
stessi empiristi logici, dal pensiero di Willard Van
Orman Quine (1908-2000) negli anni Cinquanta
e, poi, di Hilary Putnam (nato nel 1926) e, infine,
dalla riflessione filosofica sulla scienza.
Con il tempo emerge infatti la consapevolezza che
i fatti – che sembravano costituire il criterio decisi-
vo con cui valutare la sensatezza delle asserzioni –
non sono mai “neutrali”, passivamente recepiti dal
soggetto, ma vengono interpretati alla luce di teo-
rie. L’empirismo radicale, quindi, non corrisponde
al concreto processo conoscitivo.
Delimitazione dei confini della scienza
L’evoluzione verso una differente considerazione
dell’esperienza si sviluppa anche in una riflessio-
ne sulla conoscenza scientifica; essa dà luogo alla
filosofia della scienza come branca della filosofia
contemporanea. Karl Popper (1902-1994) sposta
l’attenzione dai criteri cercati dagli empiristi logici
per giudicare la sensatezza o meno delle proposi-
zioni alle caratteristiche specifiche della conoscen-
za scientifica.
Il problema della riflessione filosofica sulla scien-
za consiste nell’individuazione dei tratti distintivi
della conoscenza scientifica, ossia nella distinzio-
ne della scienza da ciò che scienza non è: le pro-
posizioni metafisiche, morali o religiose possono
essere dotate di senso, ma non sono scientifiche.
Paradigmi e rivoluzioni scientifiche
Una decisa spinta alla filosofia della scienza vie-
ne da Thomas S. Kuhn (1922-1996) con il libro
La
struttura delle rivoluzioni scientifiche
(1962). Il pro-
cedere della scienza non viene individuato nella
registrazione dei fatti, ma nell’interpretazione dei
fatti all’interno di determinati modelli teorici, che
Kuhn chiama “paradigmi”: la crisi di un paradigma
e la sostituzione di esso con un paradigma nuovo
sono ciò che caratterizza una “rivoluzione scienti-
fica”, come quella copernicana o quella einsteinia-
na. Il processo della conoscenza scientifica non è
lineare: i vari paradigmi sono tra loro incommen-
surabili, tali cioè che non è possibile confrontarli
l’uno con l’altro. A partire dagli anni Settanta, poi,
la filosofia della scienza si svilupperà in analisi spe-
cifiche che tengono conto della complessità della
scienza contemporanea.
Lo strutturalismo
Nel corso del XX secolo si sviluppa anche una ri-
flessione sui fenomeni linguistici e sociali: si tratta
dello strutturalismo, un’impostazione metodologi-
ca che privilegia il funzionamento sincronico (non
la genesi storica, diacronica) del linguaggio e delle
istituzioni sociali. Nato nell’ambito della linguisti-
ca e sviluppatosi nell’indagine antropologica – con
Claude Lévi-Strauss (1908-2009) –, lo strutturali-
smo ha un’enorme diffusione, coinvolgendo i ter-
reni più diversi – dalla sociologia alla critica lette-
raria – e anche posizioni filosofiche determinate,
come avviene nel caso del marxismo.
Il “postmodernismo”
In questo ambito matura la riflessione di Michel
Foucault (1926-1984), in cui si intrecciano l’esame
della formazione del “sapere” nelle società moder-
ne e il sorgere e il proliferare di un “potere” disse-
minato nella società. A Foucault, e ad altri filosofi
come Nietzsche o Heidegger o, più di recente, Jac-
ques Derrida (1930-2004), si è ispirato un atteggia-
mento teorico che si è servito del termine, non ben
definito, di “postmodernismo”.
Postmoderno come antimoderno?
Nata nell’architettura, la connotazione della post-
modernità è ampiamente diffusa, ma non ha fino-
ra trovato una propria determinazione concettuale.
Questo atteggiamento teorico ha assunto spesso i
Piero Manzoni,
Linea di lunghezza infinita
, 1970.
Milano, Galleria Blu.
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