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nec timuit, sibi ne vitio quis verteret, olim
si praeco parvas aut, ut fuit ipse, coactor
mercedes sequerer; neque ego essem questus. At hoc nunc
laus illi debetur et a me gratia maior.
Nil me paeniteat sanum patris huius […]
trasmettergli regole e princìpi.
turpi
:
ag-
gettivo da riferire sia a
opprobrio
sia a
facto
,
ablativi di allontanamento retti da
Pudicum
.
85.
nec
verteret
:
costruzione:
nec timuit
ne quis sibi verteret vitio
(lett. «gli attribuisse
a vizio», quindi «gli facesse una colpa»). Il
costrutto
timuit… ne… verteret
è quello dei
verbi di timore, con il verbo
timuit
che reg-
ge la completiva introdotta da
ne
per espri-
mere il timore che avvenga una cosa non
desiderata;
verteret
funge anche da apodo-
si del periodo ipotetico irreale, la cui prota-
si è
si
...
sequerer
.
quis
:
=
aliquis
, in quan-
to preceduto da
ne
.
85-87.
olim
sequerer
:
costruzione:
si
olim (ego) praeco aut coactor, ut fuit ipse,
parvas mercedes sequerer
, «se un giorno io
come banditore o come esattore – quale lui
era stato – guadagnassi pochi soldi». Il
prae-
co
era il «banditore»
che gestiva le vendite
nelle aste pubbliche; il
coactor
era l’«esat-
tore» che riscuoteva il denaro della vendita.
87.
neque… essem questus
:
«né io me
ne sarei lamentato»; congiuntivo piucche-
perfetto di
queror
, esprime l’apodosi irrea-
le di una protasi sottintesa
si id timuisset
. Il
concetto espresso da questi versi è legger-
mente involuto proprio perché in essi Ora-
zio esprime con estrema delicatezza la sua
gratitudine per un padre che solo per amore
del figlio ha affrontato l’onere di farlo istrui-
re, non certo perché questo gli fosse richie-
sto dalla sua condizione sociale.
87-88.
At
maior
:
«Ma per questo oggi gli
è dovuto un elogio e da me una riconoscen-
za più grande». •
nunc
:
«ora», cioè quan-
do i fatti hanno dimostrato che suo padre
aveva ragione.
89.
Nil
huius
:
«Non mi capiti, finché sa-
rò sano di mente, di essere scontento di un
padre così».
me
paeniteat
:
congiunti-
vo esortativo.
sanum
:
predicativo di
me
.
Il contenuto
Tra l’Orazio disorientato dell’epodo VII e
l’Orazio sicuro di sé di questa satira potrebbe essere pas-
sato anche solo qualche anno. Ma nella biografia del po-
eta è intervenuto un fatto importantissimo: nel 38 a.C.
Orazio è
entrato a far parte del circolo di Mecena-
te
, acquistando così una posizione di grande prestigio.
Questa satira è stata scritta qualche anno dopo, quan-
do il poeta, più o meno trentenne, poteva delineare un
primo bilancio della sua vita. Si tratta di un
bilancio si-
curamente felice
, come quello che può trarre chi è co-
sciente di avere percorso la strada della virtù e del suc-
cesso, ma soprattutto di essere stato figlio delle proprie
azioni, che gli hanno consentito di farsi strada per me-
riti e non per intrighi. A monte di tutto, però, c’è stata
una strategia vincente: la decisione del padre di Orazio
di dare al figlio un’istruzione di prim’ordine.
Lo stile
Nel breve brano sono presenti tutte le modali-
tà costruttive della satira oraziana. In primo luogo il te-
ma, che ha sempre uno sfondo morale. In secondo luo-
go, la contrapposizione di comportamenti e figure. In-
fine il procedere per immagini e racconti: il campicel-
lo e la natia Venosa contrapposti alla grande Roma, i fi-
gli dei centurioni contrapposti ai figli di cavalieri e se-
natori, e, soprattutto, la cara immagine del padre, arte-
fice dei destini di Orazio.
Analisi
del testo
1. Qual era la condizione sociale del padre di Ora-
zio?
2. Di che cosa Orazio lo ringrazia?
3. Per aprirsi la strada verso il successo, Orazio do-
vette trasferirsi a Roma.
a. Perché questo non era possibile restando a Venosa?
b. Il padre fece studiare Orazio perché acquistasse
una posizione di rilievo o perché disinteressatamente
diventasse una persona istruita?
Verifica se hai capito
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