Page 44 - 120900029805_beccastrini_geoviaggi

Basic HTML Version

38
Prepararsi all’esame con
Geoviaggi
L’Africa nella letteratura contemporanea
• António Agostinho Neto -
Torneremo
Alle case, alle nostre piantagioni
alle spiagge, ai nostri campi
noi ritorneremo
Alle nostre terre
rosse di caffè
bianche di cotone
verdi di mais
noi ritorneremo
Alle nostre miniere di diamanti
oro, rame, petrolio
noi ritorneremo
Ai nostri fiumi, ai nostri laghi
ai monti, alle foreste
noi ritorneremo
Alla frescura della mulemba
alle nostre tradizioni
ai ritmi e ai falò
noi ritorneremo
Alla marimba e al quissangue
al nostro carnevale
noi ritorneremo
Alla bella patria angolana
nostra terra, nostra madre
noi ritorneremo
Noi ritorneremo
all’Angola liberata
Angola indipendente.
António Agostinho Neto (1922-1979), uomo politico e poeta an-
golano, divenne nel 1976 il primo presidente dell’Angola indipen-
dentee. Nelle sue poesie, scritte in portoghese, Neto esprimeva il
profondo tormento e la speranza di libertà degli Angolani.
I versi in questa pagina furono scritti nel
1960, dal carcere portoghese di Alljube,
a Lisbona: Neto, che in quegli anni si tro-
vava in Portogallo a studiare medicina,
fu perseguitato e arrestato più volte per
l’attività anticolonialista.
La
mulemba
citata nel testo è un albe-
ro conosciuto in Europa con il nome di
sicomoro, che in Angola, secondo un’an-
tica tradizione, si trova al centro del vil-
laggio: sotto le sue fronde si riuniscono i
capi per discutere e prendere decisioni e
vengono celebrati i matrimoni.
Il
quissangue
è uno strumento musicale
della tradizione angolana.
• Léopold Sédar Senghor -
E muoiono di fame
Vedevo nel sogno paesi
fino ai quattro angoli dell’orizzonte
sottomessi alla riga,
alla squadra, al compasso;
falciate le foreste,
distrutte le colline,
nei ceppi valli e fiumi.
[...]
E poi vedevo i popoli del sud
formicaio in silenzio al lavoro
[...]
gente del sud nei cantieri, nei porti,
nelle miniere,
nelle officine,
segregati la sera
nei borghi miserabili.
Accumulano
montagne d’oro rosso,
montagne d’oro nero:
e muoiono di fame!
Léopold Sédar Senghor (1906-2001), poeta senegalese di lingua
francese, fu presidente del Senegal dal 1960 al 1980. In questa
amara poesia, Senghor evidenzia le ingiustizie subite dai «popoli
del sud», costretti a lavorare duramente, ad accumulare ricchezze
per altri e a condurre un’esistenza di miseria e privazioni.
• Ryszard Kapuscinski -
In viaggio con Erodoto
A poca distanza dalla mia pensione, tra i massi e i licheni
della riva, si scorgono monconi di mura calcificate, distrut-
te dal sole e dalla salsedine. Sia le mura sia l’intera isola di
Gorée godono di una fama sinistra. Per duecento anni, e
forse più, l’isola è stata la prigione, il campo di concentra-
mento nonché il porto di partenza degli schiavi africani
diretti verso l’altro emisfero: le due Americhe e i Caraibi. Si
calcola che in quel periodo da Gorée sia partita una decina,
anzi una ventina di milioni di giovani uomini e donne.
Una quantità inverosimile, considerati i tempi.
Il rastrellamento e la deportazione in massa degli abitanti
ha spopolato l’Africa. Il continente si è svuotato, coprendosi
di boscaglia e di erbe. Ci siamo mai soffermati a pensare
che, fin da tempi immemorabili, la ricchezza del mondo
[...]
è stata costruita dagli schiavi? E le guerre? Quante se
ne sono fatte per catturare gli schiavi?
[...]
Era la principale,
spesso l’unica ragione di guerra; una molla possente e non
di rado chiaramente ammessa.
In questo brano il giornalista e scrittore polacco Ryszard Kapu-
scinski (1932-2007) osserva le tracce che il passato ha lasciato
sull’isola di Gorée, in Senegal, e riflette sullo schiavismo, la piaga
che per secoli ha colpito tutta l’Africa.
Spunti di lavoro
• Doris Lessing,
Racconti africani
• Amos Tutuola,
Il bevitore di vino di palma
•Wole Soynka,
Aké:
gli anni dell’infanzia
• Nagib Mahfuz,
Il rione dei ragazzi
33-42 africa_3b.indd 38
31/01/