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Era così radicata la convinzione di portare avanti un compito
giusto e benedetto dalla volontà divina, che il giurista spagnolo
Juan Ortiz de Matienzo scriveva nel XVI secolo: «Paragoniamo
quello che gli spagnoli ricevono e quello che danno agli indios,
per vedere chi resti debitore: noi diamo loro un insegnamento
religioso, li educhiamo a vivere come uomini ed essi ci danno
argento, oro e cose equivalenti. […] Dice Giobbe: “Ma la sapien-
za dove trovarla? […] Non la si ottiene in cambio di oro, né la
si compra a peso d’argento, né in cambio dei colori dell’India,
né delle pietre preziosissime”. E Salomone dice: “Venne in me
lo spirito della sapienza e lo anteposi ai regni e alle signorie;
le ricchezze erano niente, al suo confronto, né lo paragonai
alle pietre preziose, poiché l’oro al suo cospetto non è che un
poco di sabbia, e l’argento è come fango”».
Le conseguenze della conquista furono drammatiche per gli
indigeni. Gli studiosi dell’America Latina hanno calcolato un
vero e proprio collasso della popolazione fra il 1492 e il 1825: in
questo lasso di tempo, gli amerindi passarono da circa ottanta
milioni di abitanti e poco più di otto (8.211.000). A sterminare
gli indigeni furono le malattie introdotte in America dai con-
quistatori, lo scarso nutrimento, il lavoro eccessivo, lo stato
di disperazione.
cietà delle Nazioni (1919) –, intesa come un conflitto governat
dai principi del
diritto internazionale
, ammissibile soltant
nel caso della violazione degli interessi di uno Stato.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la costituzione delle
Nazion
Unite
rafforzò l’idea che la guerra è ammissibile esclusivamen
te quando si tratta di una sanzione contro i comportament
illeciti di uno o più Stati, altrimenti deve sempre essere con
siderata un crimine. La Carta delle Nazioni Unite – firmata
San Francisco il 26 giugno 1945 – limita l’uso della forza a
casi di «minacce alla pace, violazioni della pace ed agli atti d
aggressione» (Capitolo VII), nonché alla «legittima difesa»
Così recita l’articolo 51:
«Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il di
ritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel cas
che abbia luogo un attacco armato contro un Membro dell
Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbi
preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezz
internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio d
questo diritto di autotutela sono immediatamente portate
conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano i
alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il present
Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsias
momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mante
nere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale».
La firma della Carta delle Nazioni Unite rappresentò un cam
biamento epocale: gli Stati firmatari, infatti, si impegnavan
a
risolvere pacificamente
eventuali controversie, rigettand
il principio che considerava il ricorso all’uso della forza un
sorta di diritto acquisito nella soluzione dei dissidi. Il ripudi
della guerra venne introdotto anche nelle Costituzioni, com
quella italiana che lo sancisce con l’articolo 11:
Articolo 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati,
alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Negli anni Novanta del Novecento, la dissoluzione dell’Union
Sovietica e il conseguente superamento della contrapposizion
fra i blocchi dell’Ovest e dell’Est rilanciarono il problema de
conflitti regionali
. L’Europa fu direttamente interessata da
conflitto balcanico (guerra d’indipendenza slovena nel 1991
guerra d’indipendenza croata e guerra di Bosnia-Erzegovin
nel 1991-95; guerra del Kosovo nel 1996-99).
Nel 1999 gli Stati alleati nella Nato (l’Organizzazione del Trat
tato Nord Atlantico) decisero di intervenire militarmente ne
conflitto del Kosovo
senza il mandato delle Nazioni Unite
per bloccare l’operazione di
pulizia etnica
decisa dal govern
serbo di Milosevic contro la minoranza albanese del Kosovo
In questo caso si tornò a parlare di guerra giusta, intesa com
«
intervento umanitario
» per la difesa dei diritti umani. L’in
tervento della Nato sollevò forti polemiche e alimentò un di
battito che ancora oggi si ravviva tutte le volte che la comunit
internazionale discute la possibilità di intervenire contro un
Stato colpevole di violazioni dei diritti umani.
Il dibattito contrappose (e continua a contrapporre) color
che ritenevano l’intervento umanitario un atto necessari
per difendere i diritti fondamentali dell’uomo e quanti vi rile
L’arrivo di Hernán Cortés a Veracruz; l’episodio è narrato nel ciclo
di murales del pittore messicano Diego Rivera dal titolo
Messico
preispanico e coloniale
(1951), conservato al Palazzo Nazionale
di Città del Messico.
La guerra giusta in epoca moderna
e contemporanea
A partire dal Cinquecento – con la costituzione degli Stati na-
zionali – andò affermandosi la teoria dello Stato-potenza, in cui
la guerra diventava
espressione della sovranità degli Stati
,
che la impiegavano come mezzo per difendere i propri inte-
ressi territoriali ed economici. Le guerre cessarono di essere
considerate giuste o ingiuste, ma iniziarono a essere valutate
sempre lecite purché gli Stati belligeranti si impegnassero a
rispettare quattro regole: evitare di coinvolgere nel conflitto i
civili; limitare le azioni belliche agli obiettivi militari; delimitare
l’uso della forza alle zone di operazione; non impiegare armi
eccessivamente distruttive.
Dopo la Prima guerra mondiale, cominciò a farsi strada una
nuova idea di guerra giusta – sostenuta, per esempio, dalla So-
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