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e tu che ne pensi?
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Scrivi un breve testo (massimo 20 righe) sugli ultimi sviluppi del fenomeno migratorio in Italia, evidenziando:
a)
le rotte che portano i migranti in Italia;
b)
le modalità di sfruttamento a cui sono sottoposti;
c)
l’incidenza numerica del fenomeno.
tanto tornava dai miei genitori a chiede-
re soldi per la mia scuola». Bernadette
è analfabeta e stremata dalle bastonate.
Un giorno fugge, d’istinto. Si nasconde
nell’immondizia. Una donna sconosciu-
ta le dà da mangiare, poi l’affida al figlio
che va a Kraké e la consegna alla polizia
beninese. Ma lei non sa più il nome del
suo villaggio, della famiglia, nemmeno
il suo: per due anni vaga da un centro
d’accoglienza all’altro finché arriva qui,
dalle suore Salesiane di Cotonou, capi-
tale economica del Benin. Loro la iscri-
vono a scuola, rintracciano i suoi con
un appello alla radio ma decidono di te-
nerla con loro: la zia reclama la piccola
manovale, i genitori prima o poi cede-
rebbero, e Bernadette sarebbe ancora in
marcia sulle rotte degli schiavi.
Strana Africa, il Benin. Si bagna nel gol-
fo di Guinea, s’appoggia a est sul gigante
nigeriano ed è alieno da certi stereotipi
del continente nero: Paese democrati-
co dopo la fine del regime comunista;
ignaro di guerre civili, tragedie uma-
nitarie, epidemie di Aids. Povero, cer-
to (il reddito medio
è 490 euro l’anno; il
47 per cento degli 8
milioni di abitanti
vive conmeno di un
dollaro al giorno):
quando era colonia
francese, seppelliti i
regni sanguinari del
Dahomey, si dava
arie da “quartiere la-
tino dell’Africa occi-
dentale” snobbando
le fatiche dei campi
per darsi al com-
mercio. Si vendeva-
no anche gli schia-
vi ai negrieri porto-
ghesi, sotto i sovra-
ni di Ouidah; oggi
si scambiano merci
di ogni genere, si contrabbanda benzi-
na dalla Nigeria. E si esportano bambi-
ni. Dai 5 anni in su. Venduti da genitori
disperati a trafficanti professionisti per
l’equivalente di 40, 60 euro, o affidati a
parenti che promettono studi e carezze
e invece sono intermediari delle mafie:
li trascinano in Nigeria, Gabon, Costa
d’Avorio, Congo, per piazzarli come do-
mestici, nelle cave, fra le bancarelle dei
mercati. Nel 2001 il mondo leggeva del
battello Etireno, che vagava nel golfo di
Guinea con il suo carico umano: i baby-
schiavi erano solo 43, ma bastò per in-
dagare e accorgersi che il Benin era, e ri-
mane, la piattaforma della tratta di bam-
bini nell’ovest africano. Un rapporto del
governo e dell’Unicef indica oltre 40mi-
la giovani vittime ogni anno. […]
«I numeri non sono che stime per di-
fetto» ammette il sottosegretario al mi-
nistero per la Famiglia e l’infanzia, Ri-
gobert Hounnouvi, un omone in tuni-
ca blu elettrico. Ci parla della legge del
2006 che finalmente punisce i mercanti
d’infanzia, e dell’accordo con la Nige-
ria per frenare l’emorragia umana. Ma
fa intendere che il budget ridicolo del
suo ministero paralizza l’azione, e il fat-
to che solo il 60 per cento dei nuovi nati
sia registrato all’anagrafe produce eser-
citi di baby fantasmi. Il corpo di polizia
creato contro la tratta dei minori, con
soli 12 uomini, non fa che il solletico
ai trafficanti: il numero verde per le de-
nunce è sempre occupato, e i 26 bambi-
ni appena intercettati su una nave diret-
ta in Gabon sono stati frettolosamente
rispediti da padri che dopo due settima-
ne li avevano già rivenduti. «Una ma-
dre me l’ha detto chiaro: “Se mi lasci la
bimba la rimando in Nigeria”» raccon-
ta suor Maria Antonietta Marchese, che
dopo una vita da insegnante in Piemon-
te se n’è costruita un’altra da missiona-
ria a Cotonou, disegnando un futuro
per le bambine schiave. «Non è solo la
povertà, la radice della compra-vendi-
ta» spiega. «È una tradizione degenera-
ta: si chiama vidomegòn, l’affidamento
di bimbi poveri a famiglie facoltose per
farli studiare. Ormai anche i funziona-
ri statali vanno nei villaggi in cerca di
piccole serve o baby sitter». Nella ca-
sa d’accoglienza delle Salesiane, finan-
ziata dall’Unicef, centinaia di ex ragaz-
ze vidomegòn studiano, diventano sar-
te, parrucchiere, cuoche. Si riconcilia-
no con la propria dignità. Talvolta con
la famiglia. A Porto Novo, capitale po-
litica del Paese, si occupa dei ragazzi il
salesiano spagnolo Juan José Gómez,
ascoltando da ognuno un identico, in-
comprensibile desiderio: «Riabbraccia-
re i genitori, quelli che li hanno vendu-
ti per quattro soldi. Hanno un’inesauri-
bile capacità di sopportare: sono vivi e
questo, per loro, è sufficiente per sorri-
dere di nuovo». […]
(E. Zuccalà, «Io donna», inserto del
«Corriere della Sera», 12 febbraio 2010)
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