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Dossier Storia
Tavola rotonda
soccombono a questi duri colpi:
vengono a patti con lo Stato ban-
carottiere, riversano le perdite sui
loro clienti e su altri. Ma il sistema
è colpito in profondità, alle radici.
[…] I Fugger, con i loro cospicui
investimenti nelle miniere del Tiro-
lo e dell’Ungheria e nei commerci
a lunga distanza sia ad Anversa sia
a Lisbona, offrono un esempio ti-
pico del primo capitalismo, un ca-
pitalismo diretto, favorito da forti
margini di guadagno sulle merci; i
Genovesi, speculatori abilissimi nel
manovrare tutto ciò che è cartaceo,
sono l’espressione tipica del secon-
do capitalismo, complesso, intelli-
gente, anche se non sempre onesto.
Quando finisce il ciclo e Amsterdam
guadagna improvvisamente terreno,
torna in primo piano e si ricostitui-
sce un capitalismo mercantile in sen-
so stretto. E quando, nel 1595, le na-
vi dell’olandese Cornelius Houtman
doppiano per la seconda volta il Ca-
po di Buona Speranza, i commerci ri-
prendono slancio e vigore dal Pacifico
e dall’oceano Indiano fino all’Europa.
Ad un miglioramento dei trasporti – as-
sai più efficienti di quelli iberici – cor-
risponde una nuova età dell’oro per le
merci, con ampi margini di profitto,
dovuti anche alla tendenza dei mer-
canti a raggrupparsi e al fatto che i più
ricchi si impongono all’interno di que-
ste associazioni privilegiate sia nei Paesi
Bassi sia in Inghilterra.
Ma sarebbe stato strano che un capi-
talismo ringiovanito in quel modo e
con quei mezzi non invecchiasse rapi-
damente ad Amsterdam, come già era
accaduto nel bacino del Mediterraneo.
Ad Amsterdam infatti non tarda a far-
si strada un capitalismo complicato,
dedito alla speculazione, svincola-
to dalla merce, un sistema che in
breve si espande, poi erode tutto e
tutto spazza via.
Ancor prima della fine del XVII se-
colo la Borsa di Amsterdam è già
rotta a tutti i trucchi ed espedienti
che si praticano oggi nelle nostre
borse. […] Ma non occorrerà aspet-
tare molto per assistere alla crisi del
capitalismo di Amsterdam, ormai
del tutto a corto di investimenti utili,
come era avvenuto per il capitalismo
dei paesi mediterranei; ricalcandone
i passi, il nuovo capitalismo si getta a
corpo morto nei prestiti ai vari princi-
pi e Stati della cristianità: fondi inglesi,
crediti al Re Cristianissimo, anticipi ai
Danesi, persino ai Russi e alla cattoli-
ca Spagna...
(F. Braudel,
Espansione europea e capitalismo.
1450-1650
, Il Mulino, Bologna, 1999)
Nei porti anseatici l’attività mercantile
era febbrile, nel Cinquecento. In seguito
all’ascesa della potenza commerciale
olandese e inglese, l’asse dei traffici
si sposta dal Mediterraneo alle coste
del Nord Europa.
risposta
2
L’accumulazione originaria a fondamento del capitalismo
Maurice Dobb
, in un classico della storiografia economica, analizza i meccanismi di accumulo del capitale, che
determinarono la nascita del capitalismo nel corso dell’età moderna. Lo studioso pone la questione se si debba
distinguere una fase di accumulo che preceda il capitalismo stesso, o se i due momenti debbano considerarsi
inscindibili e convergenti. In realtà, secondo Dobb, l’accumulazione consistette in un doppio processo di trasferimento
e di concentramento di ingenti ricchezze dalle classi improduttive alla borghesia dinamica, capace di utilizzarle,
successivamente, per produrre nuove tecnologie e un nuovo sistema di produzione (per l’appunto capitalistica).
P
arlare di un processo di accumu-
lazione capitalistica come fase
essenziale della genesi del ca-
pitalismo può sembrare a prima vista
tanto ovvio da rendere superflua ogni
discussione in proposito. Altrettanto
ovvia può apparire l’affermazione che
il capitale dovette esser raccolto nelle
mani di una classe di capitalisti prima
che potessero sorgere imprese capita-
listiche su scala comunque considere-
vole e che il capitalismo come modo
di produzione potesse giungere a do-
minare la scena. Ma non appena co-
minciamo a indagare la natura precisa
del processo attraverso il quale questo
ammassamento del capitale poté aver
luogo, l’apparente semplicità si dissol-
ve per dar luogo a una serie di impor-
tanti problemi. […]
Si pone innanzitutto un problema di
teoria economica. L’accumulazione de-
ve essere concepita come accumula-
zione di mezzi di produzione veri e
propri, o di titoli e diritti di proprietà
capaci di trasformarsi in mezzi di pro-
duzione pur non essendo essi stessi
agenti produttivi? […] Apparentemen-
te dunque, non v’è ragione di esclude-
re che sviluppo delle attrezzature e svi-
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