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Le grandi potenze del secondo Cinquecento
Filippo II fu costretto a chiedere
prestiti
, che gli venivano concessi a tassi sempre più ele-
vati, e a impegnare le entrate future. Per ben tre volte Filippo II fu costretto a dichiarare
bancarotta, trascinando nella propria rovina finanziaria i Fugger. Anche il
monopolio
re-
gio sui
traffici oceanici
non era d’aiuto all’economia iberica, anzi ostacolava l’iniziativa dei
ceti commerciali e dava vita a fenomeni di ruberie e contrabbando. In aggiunta a tutto ciò,
a partire dal 1560, come sappiamo (vedi p. 297), il grande afflusso in Europa dei metalli
preziosi sudamericani contribuì alla crescita generalizzata dell’
inflazione
.
Bancarotta
È il fallimento economico-finanziario di un’impresa, di un’azienda, o di uno Stato, che a causa
del proprio dissesto finanziario e delle spese eccessive non è più in grado di restituire i prestiti ricevuti. Oggi si
definisce bancarotta fraudolenta un fallimento in cui sono stati distrutti o occultati beni con il fine di sottrarli ai
creditori, oppure in cui siano state alterate colpevolmente le scritture contabili.
glossario
Le entrate e le uscite sotto il regno di Filippo II
dati e statistiche
Sotto Filippo II le uscite, prevalentemente connesse ai costi delle campagne militari, sopravanzavano di gran lunga le
entrate.
0
20
40
60
80
100
uscite
totale entrate
entrate straordinarie**
entrate ordinarie*
1598
1577
1556
* (imposte sulle vendite, decime, dazi doganali)
** (vendita cariche pubbliche, terreni, imposte straordinarie)
3
La repressione religiosa
Filippo II fu un
intransigente difensore
della
fede cattolica
contro tutti coloro che erano
anche solo sospettati di allontanarsi dall’ortodossia. L’accanita difesa dell’unità religiosa
dipendeva evidentemente dall’esigenza di contrapporre un elemento unificante all’etero-
geneità dei domini.
L’azione repressiva del governo spagnolo colpì soprattutto i
conversos
(cioè “convertiti”) e i
moriscos
, ossia, rispettivamente, i discendenti degli ebrei e dei musulmani convertiti al cri-
stianesimo.
Nel 1492 gli ebrei e i musulmani spagnoli erano stati costretti a convertirsi o a lasciare il
Paese. I discendenti di chi aveva scelto la conversione, però, erano visti con sospetto, poiché
si dubitava (a volte, a ragione) della sincerità della loro fede cristiana. Nella seconda metà
del Cinquecento, tali dubbi si trasformarono in una terribile
azione repressiva
, alimentata
da denunce spesso ingiustificate.
Nel 1567 l’inquisitore generale di Spagna, cardinale Diego de Espinosa, stabilì una serie di
misure che restringevano le libertà dei
moriscos
(circa il 6% della popolazione spagnola, per
lo più concentrata attorno a Granada e in Aragona), fra cui la
proibizione
di usare la
lingua
araba
. Nel 1568 a Granada i
moriscos
insorsero e da qui prese il via una ribellione che si
protrasse per un paio d’anni. La
repressione
fu violentissima e i
moriscos
superstiti venne-
ro ridistribuiti forzatamente in tutta la Spagna, allo scopo di evitare concentrazioni perico-
lose. Ma l’assimilazione forzata fallì. Il clima di sospetto e di odio verso i
moriscos
non si
attenuò e nel 1609, quando Filippo II era già morto, si giunse alla loro
espulsione
in mas-
sa: venne così eliminato, dopo più di otto secoli, ogni residuo della presenza musulmana
in Spagna.
Contro i
conversos
e i
moriscos
L’espulsione dei
moriscos
Granada
SPAGNA
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