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sezione 5
La nascita del capitalismo e la formazione delle grandi potenze europee
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Nella figura di don Chisciotte pos-
siamo riconoscere anche il dram-
ma interiore di un uomo dell’epo-
ca, lacerato tra il mito della cavalle-
ria medievale e l’attrazione per una
nuova sfera di valori, quelli dell’eti-
ca borghese del lavoro e del succes-
so economico.
Allo sviluppo culturale si affianca-
va, però, un quadro di pesante
ar-
retratezza
socio-economica:
l’
agricoltura
spagnola restò le-
gata al latifondo e risultò imper-
meabile alle innovazioni, che in-
vestivano altre parti del continen-
te (l’Inghilterra, la pianura Padana,
parte della Francia); la scarsità del-
la produzione cerealicola costrinse
ad aumentare progressivamente le
importazioni;
la
nobiltà
era legata ad antiqua-
ti ideali cavallereschi, disprezzava
ogni attività imprenditoriale ed era
dedita unicamente alla carriera mi-
litare o ecclesiastica;
i
ceti produttivi
erano impoveriti dalla pressione fiscale, che disincentivava gli investi-
menti, mentre risparmiava le rendite parassitarie;
le
imprese
manifatturiere non erano in grado di reggere la concorrenza straniera.
In poche parole, la
Spagna
di Filippo II, che pure viveva il momento del suo massimo splen-
dore politico e culturale,
non
seppe innescare un processo di
sviluppo economico
. Anche
l’argento delle colonie non fu utilizzato per sviluppare l’economia, ma per pagare gli alti
costi
dell’
apparato burocratico
e
militare
e le importazioni di manufatti dagli altri Paesi
europei, cosicché i metalli preziosi delle miniere sudamericane finivano per arricchire i
banchieri europei.
L’arretratezza
socio-economica
Uno sviluppo economico
mancato
L’utilizzo degli schiavi africani nelle colonie
americane andò intensif icandosi tra il XVI e
il XVII secolo, nonostante diversi tentativi di
ribellione. I mercanti, provvisti addirittura di
licenze dalla corona spagnola, trasferivano
gli schiavi dalle coste dell’Africa ai territori
americani, dopo averli comprati, controlla-
ti e imbarcati e trattandoli come merci, in
viaggi nei quali – secondo i calcoli degli sto-
rici – circa il 15% di loro moriva. Gli interessi
economici erano notevoli, poiché, dopo la
vendita degli schiavi, i negrieri compravano
i prodotti locali e li importavano in Europa,
ricavandone enormi prof itti.
Il commercio degli schiavi cominciò a essere
messo in discussione nel XVIII secolo, ma so-
lo nel XIX si arrivò alla sua abolizione e solo
alla f ine dello stesso secolo si arrivò all’abo-
lizione della schiavitù.
Oggi, la schiavitù in senso stretto è illega-
le, ma sopravvive in forme diverse da quella
classica. Non si parla più di “possesso le-
gale” di un’altra persona, ma resta troppo
spesso la costrizione a lavorare per qualcu-
no per i motivi più diversi: in alcuni Paesi,
ad esempio, i bambini vengono rapiti per
essere mandati a combattere o si assiste al
traff ico di esseri umani ai f ini dello sfrutta-
mento sessuale.
Il diritto italiano si è adeguato a questa si-
tuazione: l’articolo 600 del Codice penale,
infatti, alla riduzione in schiavitù ha aggiun-
to la dizione di “riduzione in servitù”, esten-
dendo il concetto oltre la violenza f isica,
includendo l’abuso di autorità e lo stato di
necessità.
La tratta degli schiavi: dai negrieri all’immigrazione clandestina
globale e locale
Bambini soldato in Uganda.
Con la pittura di El Greco
il secolo d’oro della Spagna tocca
i suoi massimi vertici. In questa
Adorazione del nome di Gesù
(1579), Filippo II prega insieme
ai vincitori di Lepanto.
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