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Le grandi potenze del secondo Cinquecento
Pur riconoscendo l’autorità papale e proclamandosi campione della fede cattolica, si ri-
servò il diritto di presentazione, che gli consentiva di scegliere i vescovi dei suoi domini.
A contrastare le tendenze assolutistiche di Filippo II, però, c’era l’
eterogeneità
dei
domini
della corona. I
Paesi Bassi
, ad esempio, erano diversissimi dalla Spagna per struttura eco-
nomica, sociale e per mentalità. Ma anche la
Spagna
al suo interno non era coesa: esiste-
vano nel Paese antiche e radicate autonomie regionali, privilegi particolari, sensi di iden-
tità culturale locale, difesi con gelosia e fierezza dalle popolazioni e dalla piccola nobiltà.
Sul piano istituzionale, Filippo istituì dei
Consigli
che lo affiancavano nell’attività di go-
verno. I più importanti erano il Consiglio di Guerra, il Consiglio di Stato (che si occupava
di politica estera) e i Consigli di Castiglia, delle Indie e d’Italia. Infine, il Consiglio dell’In-
quisizione era un vero e proprio strumento di repressione politica, religiosa e ideologica
nei confronti delle minoranze e degli oppositori. Il ruolo e le competenze dei Consigli fini-
vano spesso per sovrapporsi e paralizzare l’azione regia. Inoltre, la vastità del regno e la
lentezza delle comunicazioni rendevano difficoltosa l’amministrazione.
Nelle province, il re poteva contare su funzionari (i cosiddetti
corregitores
), le cui cariche
venivano messe in vendita, allo scopo di rimpinguare le casse dello Stato. È ovvio che i
funzionari speculavano sulle cariche e cercavano in breve tempo di recuperare le somme
spese per il loro acquisto; e questo non aiutava certo a costruire una classe dirigente com-
petente, capace di sostituire le vecchie autorità feudali.
Infine, era determinante il ruolo delle
Cortes
, assemblee rappresentative che avevano il
compito di presentare petizioni al sovrano e dare il proprio assenso alle imposte. Si tratta-
va, dunque, di parlamenti non stabilmente riuniti, la cui composizione era dettata dall’an-
tica divisione in tre ordini: clero, nobiltà, rappresentanti delle città.
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Il
siglo de oro
e l’arretratezza dell’economia spagnola
A partire dal regno di Filippo II, e grazie all’enorme quantità di oro e d’argento provenien-
te dalle colonie americane, la Spagna visse un lungo periodo di
prosperità
.
I decenni dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII costituirono il
siglo de oro
, il “se-
colo d’oro” della monarchia iberica. In questo periodo, infatti, in Spagna o nelle Fiandre
spagnole operarono
artisti eccezionali
come i pittori Jeronimus Bosch (1450 ca.-1516),
El Greco (1541-1614), Rubens (1577-1640). In
letteratura
emersero personalità potenti e
originalissime, quali il poeta Luis de Góngora (1561-1627) e il drammaturgo Lope de Ve-
ga (1562-1635). Si diffuse il romanzo picaresco o realistico, a cui fece da modello
La vita di
Lazzarillo de Tormes
, d’autore anonimo.
Miguel de
Cervantes
(1547-1616), con il celeberrimo
Don Chisciotte della Mancia
e le
Novelle
esemplari
, fu il genio indiscusso della narrativa spagnola.
L’amministrazione
del regno: i Consigli
I
corregitores
e le
Cortes
Il “secolo d’oro”
della Spagna
L’Escorial, la residenza
di Filippo II, in una stampa
degli inizi del XVIII secolo.
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