Diritti e doveri degli schiavi nella antica Grecia

La legislazione greca fissava diritti e doveri degli schiavi, ovviamente pił doveri che diritti: non potevano combattere né prendere parte alle assemblee, erano venduti e comprati come oggetti, ma potevano partecipare ai misteri orfici o occuparsi di commercio. Si faceva ben poco per proteggere gli schiavi. La legge, in effetti, li difendeva solo contro l' uccisione arbitraria, ma li esponeva a qualsiasi maltrattamento e punizione. Lo schiavo, trattato con pił o meno umanità, lavorava per conto del padrone, che poteva darlo in pegno, a noleggio come servitore, operaio o rematore nella flotta, riscuotendone il soldo; gli competeva il minimo di che vestirsi e, in caso eccezionale, un modestissimo guadagno con cui gli era lecito formarsi un proprio gruzzolo. Sottoposto all'autorità incontrollata del proprietario, godeva di ben deboli garanzie per la sua persona, come quella di non venire ucciso senza essere giudicato o venduto fuori dal paese.

L'unica prospettiva positiva era l'emancipazione, che poteva essere comprata con i risparmi accumulati od ottenuta dal padrone, in vita o alla sua morte, quale ricompensa dei servigi prestati, ed, eccezionalmente, dallo Stato per aver combattuto nella flotta (Arginuse) o nell'esercito (Cheronea). Lo schiavo, per definizione, non aveva alcun diritto, ma solo responsabilità penali. Non poteva possedere beni personali; inoltre, anche se aveva la facoltą di operare acquisti, non poteva però disporne come fosse di sua proprietà. Se aveva moglie e figli, il suo padrone poteva venderli senza nessun problema. Lo schiavo restava tale anche se per un evento qualunque cessava di avere un padrone.

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