Il duce contro i dialetti
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Le parole

Il duce contro i dialetti
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Non bisogna dimenticare però che il fascismo non faceva altro che accentuare un atteggiamento del governo già in atto nel secondo Ottocento. Gli studi di dialettologia promossi dalla scuola dell’Ascoli avevano portato in realtà a delimitare in modo preciso le aree alloglotte. E le minoranze, abituate da sempre a usare la loro lingua madre, avevano visto peggiorare la propria situazione con nuove restrizioni, intese a contrastare eventuali tentazioni di separatismo, pericolose per l’unità nazionale appena realizzata.

Ma l’aspetto più eclatante della politica linguistica del fascismo fu la guerra contro i forestierismi, che arrivò a vietare le insegne pubbliche contenenti parole straniere e a imporre, senza molto successo, l’uso dell’allocutivo voi al posto del lei di antica origine spagnola. Negli anni Trenta questo atteggiamento si accentuò come forma di autarchia contro le sanzioni imposte all’Italia dalle grandi potenze per la conquista dell’Etiopia (1936). Una conquista che doveva essere il segno, per quanto riguardava la lingua, del destino ormai imperiale della nazione. Gli aspetti più grotteschi vengono raggiunti dai divulgatori come Paolo Monelli, che già nel 1933 era sceso in campo con un libro in cui anche nel titolo, Barbaro dominio, faceva riferimento al pericolo dell’influenza degli altri popoli, considerati barbari, sull’Italia, erede di Roma e unica depositaria della cultura. Per fortuna i linguisti più qualificati agirono in genere con equilibrio. È il caso di Bruno Migliorini, il più grande conoscitore della lingua del Novecento. Migliorini cercò di regolare l’afflusso delle parole nuove studiando scientificamente la possibilità di procedere alla sostituzione dei termini stranieri soltanto quand’era possibile. Questa azione moderatrice divenne ancora più efficace grazie alla rivista «Lingua nostra» da lui fondata nel 1939. Se, dunque, al posto di chauffeur il linguista propose di usare autista, si oppose però a non legato per in brochure, come pure giudicò troppo generico stampo al posto di cliché, che è uno stampo speciale, cioè la matrice zincografica per illustrazioni.

In questo periodo fu creata con successo una terminologia italiana per il gioco del calcio – calcio, calcio di rigore, rete, fuorigioco, terzino etc. – che prima era tutta inglese. Ma il vocabolario dell’Accademia d’Italia, che aveva ricevuto l’incarico di escludere i forestierismi, arrivato solo alla lettera C alla caduta del fascismo, di fatto ne incluse molti.

 
 
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