Sofisti

Definizione
Il termine greco sophistés può essere considerato, in origine, un perfetto sinonimo di sophós, «saggio», di cui mantiene l’ambiguità connotativa, intimamente connessa all’idea stessa di sophía, «saggezza». Ma dacché il suo uso si diffonde – nel V secolo a.C. – il termine comincia a mostrare la valenza dispregiativa di cui è tuttora carico (si pensi all’italiano «sofisticare»), e di cui è primo testimone Eschilo nel suo Prometeo, benché un uso connotativamente ‘neutro’ del sostantivo non venga mai meno. Tale evoluzione si deve al filtro epocale costituito dall’interpretazione socratico-platonica del movimento filosofico che, se pure è lecito farne una corrente unitaria e coesa (il che rimane assai dubbio), va comunemente sotto il nome di ‘sofistica’.

Sulla scorta di tale interpretazione – di cui i moderni hanno subito a lungo l’influenza – il termine sophistés si carica di valenze negative connesse al presunto esercizio di una sapienza vuota e concettosa, piena di sottigliezze e di inutili frivolezze, spesso puramente verbale, in ogni caso priva di ogni fondamento concreto (dal punto di vista del ‘senso comune’) o razionale (dal punto di vista della filosofia socratico-platonica). «Sofista» finisce cosí per equivalere all’immagine di un retore astuto e ingannevole, abile manipolatore di concetti o pseudo-concetti, professionista del ragionamento paradossale e a effetto, nemico a un tempo della tradizione e del progresso scientifico-filosofico. È un dato difficile da trascurare, tuttavia, che lo stesso Socrate – con la linea filosofica che ne deriva, da Platone ad Aristotele – viene incluso dai contemporanei nel novero dei sofisti (ne fanno fede, per tacere d’altro, le Nuvole di Aristofane); e che lo stesso concetto storico-filosofico di ‘sofistica’, canonizzato nel corso del XIX secolo e diffuso pressoché universalmente in àmbito manualistico e scolastico, deve molto, da un lato, alla dimenticanza di tale continuità, dall’altro alla discutibile unificazione, sotto un’unica etichetta, di pensatori accomunati innanzitutto dalla critica socratico-platonica.

La posizione storica della sofistica
Tradizionalmente l’indirizzo di pensiero noto con il nome di ‘sofistica’ designa filosofi e intellettuali attivi nella seconda metà del V secolo a.C., per lo piú ad Atene, in un periodo che a rigore risulta lo stesso che vede protagonista Socrate, ma che in un ideale (o idealistico) svolgimento della filosofia occidentale si continua a considerare concettualmente ‘anteriore’ al socratismo e alla sua evoluzione nel platonismo (e nell’aristotelismo). È opinione diffusa che un certo numero di concetti chiave, dal punto di vista epistemologico ed etico, garantiscano la sostanziale omogeneità – pur nelle differenze individuali – del pensiero sofistico; tali concetti si possono riassumere come segue:

1) un interesse filosofico che si sposta dal mondo della natura (centrale nella prima speculazione ionica) o delle grandi questioni metafisiche (centrale nella speculazione eraclitea e parmenidea) al mondo dell’uomo;

2) una spiccata inclinazione alla revisione critica o all’aperta contestazione dell’etica tradizionale e dei suoi capisaldi, nell’ottica di un relativismo morale che può avvalersi fra l’altro di orizzonti geografici e culturali ormai assai ampi;

3) una marcata caratterizzazione ‘retorica’ dei procedimenti impiegati nelle discussioni dai sofisti, che vantavano spesso la funzionalità pratica (specie in àmbito politico) dei loro metodi dialettici;

4) un comune orizzonte sociologico, o se si vuole un comune ‘bacino d’utenza’, individuato ora nei rampolli dell’aristocrazia e nella jeunesse dorée della polis, ora nel ceto emergente dei nuovi ricchi, estranei all’aristocrazia tradizionale, che l’Atene del V secolo a.C. (e non solo) portava prepotentemente sulla scena dello scontro politico e ideologico.

Si suole inoltre distinguere fra una prima generazione di sofisti, comprendente figure come Gorgia e Protagora, da una seconda generazione fra cui si annoverano intellettuali come Ippia, Prodico, Antifonte, Crizia, che avrebbero ulteriormente estremizzato i concetti corrosivi e rivoluzionari elaborati dai capostipiti (tale distinzione non va confusa con quella che oppone ‘sofistica’ e ‘seconda’ o ‘nuova sofistica’, giacché quest’ultima espressione si riferisce a una corrente retorica e letteraria di età imperiale romana).

A ben vedere, tuttavia, la distinzione fra due generazioni di sofisti non risulta del tutto condivisibile né dal punto di vista cronologico (i rappresentanti delle due presunte generazioni sono sostanzialmente contemporanei, se non addirittura coetanei) né dal punto di vista storico-filosofico (le posizioni di Ippia, per fare un solo esempio, appaiono piú moderate di quelle espresse da Protagora).

Figure eminenti della sofistica

Se si accetta, secondo l’uso, la validità di un concetto storico-filosofico qual è quello di sofistica, o se si designa comunque, con tale termine, il diffuso movimento culturale che in linea generale non mancò di far sentire la sua influenza in larghi settori della produzione intellettuale ateniese del V secolo a.C. (per esempio in Euripide, ma anche in presunti critici della sofistica come Aristofane e Socrate), rimane comunque opportuno trattare singolarmente le figure che della sofistica sono considerate i piú illustri rappresentanti. Andranno allora citati almeno i seguenti:

Gorgia (ca. 480-370 a.C., nativo di Leontini in Sicilia ma attivo ad Atene, dove si trasferí nel 427 a.C., e nelle regioni limitrofe), considerato l’inventore o almeno il principale diffusore della téchne («tecnica», «arte» o «disciplina») ‘retorica’, lucido teorico della parola come sommo strumento persuasivo e psicagogico, anche al di là dell’oggettività e della verità, che del resto egli considerava inattingibile (secondo i dettami del suo trattato Sul non essere, anello di congiunzione fra l’eleatismo – cioè la filosofia derivata da Parmenide – e la sofistica); in questa prospettiva il lógos (il discorso nella sua forma retorica o artistica) non è che inganno (apáte) e potere incantatorio, riflettendo sul piano della performance oratoria o letteraria il nichilismo di cui Gorgia è ritenuto teorico sul piano propriamente gnoseologico e metafisico.

Protagora (ca. 485-post 411 a.C., nativo di Abdera in Tracia, ma attivo ad Atene, dove fu membro rilevante dell’entourage di Pericle), intellettuale itinerante, ‘maestro’ a pagamento di discepoli provenienti dall’aristocrazia o dall’alta borghesia cittadina, ai quali prometteva successo sicuro nell’àmbito del confronto politico; è considerato il massimo teorico del relativismo etico, e a lui si attribuisce l’enunciazione del famoso principio dell’homo mensura («di tutte le cose è misura l’uomo, di quelle che esistono in quanto esistenti, e di quelle che non esistono in quanto inesistenti»), che tuttavia è stato sottoposto a diverse e spesso complesse interpretazioni; il culmine di tale relativismo in àmbito dialettico si indica nella posizione protagorea secondo cui per ogni opinione (inevitabilmente soggettiva) sussisterebbe la possibilità di argomentare, con uguale verosimiglianza, un’opinione inversa e simmetrica: sicché l’arte del retore e del sofista consisterebbero proprio nella sistematica capacità di rendere ‘forte’ il discorso ‘debole’, con il ricorso ad artifici argomentativi di cui Protagora – ovviamente non senza personali interessi – avrebbe sempre sostenuto l’insegnabilità; il suo agnosticismo in materia religiosa gli costò un processo per empietà nel 411 a.C.

Prodico (ca. 465-395 a.C., nativo dell’isola di Ceo), attivo e fortunato maestro itinerante, che profuse la maggior parte dei propri sforzi nell’àmbito dell’analisi linguistica, secondo la tipica connotazione retorica che caratterizza i sofisti: la ricerca dell’uso corretto e semanticamente fondato delle parole (orthoépeia) sarebbe stato il fondamento della sua attività didattica; un’anticonformistica teoria degli dèi come personificazioni delle forze naturali risulta contenuta nel suo trattato Le ore.

Ippia (ca. 485-415 a.C., nativo dell’Elide), conferenziere itinerante che accumulò notevoli ricchezze nei suoi viaggi attraverso numerose poleis greche, famoso per la sua capacità di improvvisare discorsi persuasivi e retoricamente impeccabili sui piú disparati argomenti; la fama di Ippia si deve soprattutto alla sua assunzione a coprotagonista (accanto a Socrate) dei due omonimi dialoghi di Platone (Ippia Maggiore e Ippia Minore).

Antifonte (spesso identificato con l’omonimo oratore ateniese [479-411 a.C.], attivo e impegnato oligarca, uno tra i protagonisti del golpe del 411 a.C., che gli costò peraltro la vita), celebre per aver radicalizzato l’opposizione fra nomos (legge) e physis (natura) che fu caratteristica della riflessione del V secolo a.C.: sostenne cosí che nella giustizia non si dovesse veder altro che il risultato di una convenzione arbitraria e non assoluta, e che tutti gli uomini (contrariamente all’opinione dominante) fossero uguali per natura.

[Federico Condello]