Barbaro/Barbarie

Significato del termine
Il greco bárbaros, passato nel corso dei secoli a gran parte delle lingue occidentali, non è in origine che una definizione di carattere linguistico, fondata sulla resa onomatopeica del ‘balbettio’ cui si riduceva, agli orecchi dei Greci, la parlata delle genti straniere. Solo una lunga e complessa evoluzione semantica, determinata da precise vicende storiche e culturali che travalicano i confini della storia antica, ha sovraccaricato di valori ben più ampi e impegnativi la nozione di ‘barbaro’, finendo per strutturare un sistema di opposizioni binarie, dal marcato carattere polare, a sua volta disponibile a diverse valorizzazioni in termini positivi e negativi. Si realizza così, attraverso la nozione di ‘barbaro’, uno dei casi più vistosi di quella opposizione fra ‘cultura’ e ‘non cultura’ che l’antropologia contemporanea ha riconosciuto come un elemento fondamentale di ogni identità culturale: ‘noi’ contro ‘loro’, l’identico contro il diverso, la ‘cultura’ – appunto – contro tutto ciò che le è estraneo dal punto di vista della cultura stessa (e perciò classificato come ‘non cultura’, piuttosto che come diversa e ugualmente legittima cultura), costituiscono altrettante polarità necessarie alla definizione della propria identità sociale, benché spesso ciò comporti una condanna o un rifiuto totale dell’altro.

Greci e Barbari in età arcaica
L’opposizione fra Greci e Barbari rappresenta il modello di un’antitesi destinata a riprodursi, sotto diverse forme, in larga parte della storia occidentale, prendendo spesso l’aspetto di una contrapposizione radicale fra Occidente e Oriente.

Studi recenti hanno tuttavia dimostrato che tale opposizione non sembra essere originaria nella mentalità ellenica: al contrario, la Grecia più arcaica appare priva di quei caratteri di unità (ideale e culturale, se non politica) che avrebbero potuto alimentare una compatta contrapposizione ai Barbari in quanto non-Greci. È evidente che i primi contatti fra Greci e ‘Barbari’ (intesi come complesso omogeneo di popolazioni extra-greche) risale ai movimenti coloniali, e in particolare alla cosiddetta ‘seconda colonizzazione’ (secoli VIII-VI a.C.), che mise i Greci a contatto con etnie diverse, tanto in Oriente quanto in Occidente. Ciò non comportò tuttavia un’immediata demonizzazione del Barbaro, e sembra anzi più frequente – specie nelle poleis della costa anatolica – una dinamica di integrazione o di pacifica convivenza con le popolazioni indigene.

I primi testi di carattere geografico ed etnografico (compresa l’opera dello storico Erodoto) evidenziano la relatività dei nómoi – intesi come complesso di leggi, usanze, credenze – piuttosto che il loro ordinamento gerarchico in un sistema binario che opponga la grecità alla barbarie; e ancora nel V secolo a.C. diversità e difformità di costumi verranno volentieri attribuite alla ‘convenzione’ (al nómos, appunto) piuttosto che alla natura (alla phúsis), secondo un principio che fu tipico dei sofisti; è anzi frequente che figure arcaiche di legislatori, poeti e sapienti vengano poste in relazione con culture straniere e ‘barbare’, da cui i Greci ritenevano di aver tratto forza e saggezza.

Greci e Barbari dopo le guerre persiane
È opinione comune che una trasformazione di tale modello in una marcata antitesi di carattere politico e ideologico sia stata in gran parte determinata – o comunque fortemente accelerata – dal conflitto che per tutto il V secolo a.C., con vistosi e ben noti strascichi nel secolo successivo, ha opposto Greci e Persiani (e quindi Macedoni e Persiani), traducendosi ben presto in una codificazione assai rigida e conflittuale dei valori afferenti all’una e all’altra parte in causa (almeno per quanto concerne Atene, che proprio su questo punto si oppose non di rado a Sparta e agli altri esponenti del mondo dorico e peloponnesiaco).

Tali valori rispondono a una tipologia destinata a larga e duratura fortuna, i cui caratteri fondamentali possono essere così sintetizzati: innanzitutto, si assiste progressivamente a una forte generalizzazione o universalizzazione del concetto di ‘Barbaro’, che finisce per eclissare ogni differenza all’interno del vasto dominio dei non-Greci; in secondo luogo, la polarità Greci/non-Greci (= Barbari) finisce per far smarrire il senso della relatività e dell’origine culturale (cioè storica e convenzionale) delle rispettive differenze, promuovendo una concezione secondo la quale Greci e Barbari si opporrebbero per qualità naturali, congenite agli uni e agli altri, e perciò impossibili a eliminarsi: posto che le differenze siano ‘naturali’, vengono ritenuti altrettanto ‘naturali’ – se non addirittura fatali – l’ostilità e il conflitto.

Stereotipi sul Barbaro
Ai Barbari vengono così attribuite una serie di caratteristiche fondamentali che comprendono, almeno: una naturale inclinazione alla sottomissione e alla passività, tanto in àmbito politico (i Barbari sono ‘naturalmente’ predisposti alla monarchia e alla tirannide), quanto in àmbito privato (i Barbari sono ‘naturalmente’ inclini al ruolo di schiavi) e sessuale (i Barbari sono ‘naturalmente’ portati alla passività, dunque all’assunzione di ruoli e pratiche tipicamente femminili); una diffusa anomalia in termini etici, e una congenita propensione a comportamenti perversi e inumani (l’incesto, l’antropofagia, ogni sorta si sfrenatezza alimentare o sessuale); un carattere naturalmente sleale, doppio, infido, facile al raggiro e alla menzogna; un’indole sanguinaria e del tutto irrispettosa dei più elementari tratti della civilizzazione.

Dal punto di vista dei Greci – che non tarderà ad avere una sua legittimazione ‘scientifica’ nella letteratura etnografica e nella dottrina biologica – il Barbaro finisce per radunare in sé tutte le caratteristiche di ciò che è Altro dal modello ‘normale’ del Greco (uomo, maschio, adulto, cittadino): il Barbaro assume così i tratti dell’animale, della femmina, del bambino e dello schiavo.

Evoluzioni dell’antitesi
Nel corso dei secoli, una così elaborata eppur schematica tassonomia etnica conoscerà diverse e sorprendenti riedizioni: ‘Barbari’ nel senso anzidetto saranno i Greci agli occhi dei Romani, i Romani agli occhi dei Barbari germani (e prima ancora i Barbari germani agli occhi dei Romani), i Barbari del sud (Goti, Vandali, ecc.) agli occhi dei Barbari del nord (Franchi), o i Barbari dell’Est (gli Unni, gli Avari, i Bulgari, ecc.) agli occhi dei Barbari dell’Ovest; e ancora i Cristiani agli occhi dei Romani, e viceversa i pagani e gli Ebrei agli occhi dei Cristiani; i Musulmani agli occhi degli Europei, gli Indiani dell’Est e dell’Ovest agli occhi dei teorici del colonialismo moderno, gli Ebrei agli occhi dei Nazisti, e così via attraverso ogni forma di teoria apertamente o segretamente razzistica. È facile scoprire oggi, nella diffusa contrapposizione dell’Occidente ai suoi ‘nemici’, una riedizione dei topoi e dei clichés elaborati per la prima volta nella contrapposizione fra Greci e Barbari.

L’ambivalenza del Barbaro
Contrapposizione in sé ambivalente, essa non ha mancato però di produrre contraccolpi e posizioni apparentemente paradossali: così, sin dall’antichità greca, i Barbari simbolo della ‘non-cultura’ e incarnazione dell’Altro, hanno spesso suscitato sporadici fenomeni di fascinazione che non hanno tardato ad alimentare ‘esotismi’ di ogni sorta: così i Greci, non di rado, hanno manifestato una sotterranea tendenza all’idealizzazione del Barbaro – per esempio gli Indiani dell’epoca di Alessandro Magno, o ancor prima gli Egiziani dell’età classica – e ancora i Romani non nasconderanno talvolta di vedere nei Barbari l’emblema di una società ‘naturale’, incorrotta e aliena dai vizi derivanti da una eccessiva e spesso rapidissima ‘civilizzazione’. Tale prospettiva, che costituisce il prevedibile rovescio di quella prima descritta, non è difficile a riconoscersi in molti ‘orientalismi’ contemporanei (e nello stesso mito del ‘buon selvaggio’, che fu canonizzato da Rousseau e che vanta comunque lontani ascendenti classici e fortunate filiazioni contemporanee), e rinvia ancora una volta al carattere equivoco e ambivalente dell’antica contrapposizione fra Greci (Occidentali) e Barbari (per lo più Orientali).

[Federico Condello]