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Luce ed elettroni
UNITÀ
C2
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3. Energia e luce: quanti e fotoni
Un corpo riscaldato cambia colore con l’aumentare della temperatura: assume
prima un colore rossastro, poi giallo, poi bianco con sfumature bluastre se la
temperatura è sufficientemente alta. Si può addirittura fare una buona stima
della temperatura superficiale di una stella in base al suo colore: le stelle ‘più
fredde’ ci appaiono rosse e quelle più calde azzurre.
In generale, i fisici pongono la seguente definizione:
un solido, o anche un gas compresso, che emetta luce in seguito a riscaldamento viene
definito
corpo nero
.
Lo studio dello spettro emesso da un corpo riscaldato (spettro del corpo nero)
rivelò anche che il cambiamento di colore legato alla temperatura è indipen-
dentemente dalla natura del corpo osservato.
Purtroppo però le leggi dell’elettromagnetismo, che descrivevano le modalità
con le quali la materia emette luce, non spiegavano la nuova distribuzione
delle frequenze legata all’aumento della temperatura (
Figura 8
).
Nel 1900 il fisico tedesco
Max Planck
, per riuscire a descrivere matematica-
mente i fenomeni osservati, dovette imporre le seguenti condizioni:
l’energia luminosa viene emessa dai corpi solo sotto forma di quantità ben definite
(
pacchetti di energia
);
a ogni frequenza emessa corrisponde un differente pacchetto, che trasporta una
quantità energia proporzionale alla frequenza secondo la relazione:
E
=
h
?
n
I pacchetti di energia furono chiamati
quanti
(dal latino
quanta
, “quantità
definite, discrete”) e
h
, pari a 6,626
?
10
-
34
J
?
s, fu poi detta
costante di Planck
.
Le equazioni di Planck hanno dunque un significato sconcertante: come la ma-
teria, anche l’energia è disponibile in ‘porzioni’ non ulteriormente divisibili.
La teoria dei quanti trovò conferma quando Einstein riuscì a spiegare l’
effetto
fotoelettrico
(
Figura 9
), nel quale l’emissione di elettroni si verifica soltanto
quando la
frequenza
della radiazione incidente supera un certo valore
n
0
, detto
“soglia fotoelettrica”, caratteristico del metallo considerato. L’esistenza di una
soglia di frequenza non poteva infatti essere spiegata dalle leggi dell’elettroma-
gnetismo classico, secondo le quali l’emissione, i tempi con cui essa avviene
e l’energia degli elettroni espulsi dipendeva soltanto dall’
intensità
del fascio
incidente.
Nel 1905, Albert Einstein, utilizzando la teoria di Planck, immaginò che l’ener-
gia della radiazione luminosa fosse non solo
scambiata
per quantità discrete,
ma anche
costituita
da
pacchetti’, cioè quantizzata. Per Einstein quindi:
la luce è costituita da un flusso di “particelle d’energia”, o
quanti di luce
.
Dal 1923, i quanti di luce vengono chiamati
fotoni
. Einstein riuscì a spiegare
l’effetto fotoelettrico solo ammettendo che il fascio di luce incidente di fre-
quenza
n
sia formato da singoli fotoni, dotati ciascuno di energia
E
=
h
?
n
. Un
atomo colpito da un fotone riceve tutta assieme l’energia
h
n
e l’elettrone viene
emesso solo se questa energia è sufficiente per strapparlo dall’atomo.
Figura 8
Distribuzione dell’energia delle
radiazioni elettromagnetiche emesse a
diverse temperature da un corpo nero
e dal Sole.
Lunghezza d’onda
Intensità
Spettro
del Sole
6000 K
5000 K
4000 K
costante
frequenza
energia emessa
Figura 9
Alcuni metalli, se investiti da radiazioni
elettromagnetiche, emettono elettroni
(effetto fotoelettrico). L’emissione si ha
solo se il fotone ha un valore minimo
di energia: al di sotto di tale soglia non
si ha emissione.
metallo
radiazioni
ad alta media bassa energia
elettroni
emessi
elettroni
ad alta
energia
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