L’atomo: i modelli del passato
Unità 9
17
5.5
L’effetto fotoelettrico
Le osservazioni sperimentali più importanti a sostegno della teoria quanti-
stica riguardano l’
effetto fotoelettrico
.
Spiegato dal punto di vista teorico da Albert Einstein nel 1905, questo
fenomeno consiste nella capacità di alcuni metalli di emettere elettroni se
colpiti da una radiazione elettromagnetica. Ciò accade perché l’energia lu-
minosa viene acquistata dagli elettroni, che, così “eccitati”, abbandonano gli
atomi.
I risultati che si ottengono dallo studio sperimentale dell’effetto fotoelet-
trico sono i seguenti (
23
):
la velocità (ovvero l’energia cinetica) degli elettroni emessi dal metallo
dipende solo dalla frequenza della radiazione incidente, non dall’intensità
della radiazione stessa;
non vi è emissione di elettroni se la frequenza della radiazione incidente è
inferiore a un valore soglia, qualunque sia l’intensità della radiazione;
l’emissione di elettroni è sempre istantanea, per qualsiasi intensità della
radiazione incidente;
il numero degli elettroni emessi nell’unità di tempo è direttamente pro-
porzionale all’intensità della radiazione, ma non varia con la frequenza
della radiazione.
Si tratta di risultati assolutamente incompatibili con la teoria ondulatoria,
secondo la quale l’energia di una radiazione elettromagnetica dipende dalla
sua intensità: se questa aumenta, gli elettroni dovrebbero acquistare più
energia ed essere emessi dal metallo sempre più veloci; non dovrebbe esiste-
re, inoltre, un limite inferiore (soglia) di frequenza della luce, ma qualsiasi
tipo di radiazione dovrebbe produrre, prima o poi, un’emissione di elettroni.
Se la radiazione, infine, avesse una bassa intensità, gli elettroni dovrebbero
impiegare più tempo per acquistare l’energia necessaria ad abbandonare i
loro atomi. L’emissione è, invece, sempre istantanea.
Einstein, in base alla teoria quantistica, fornì una spiegazione del feno-
meno che possiamo sintetizzare come segue.
Ogni fotone di una radiazione di data frequenza
f
che colpisce un ato-
mo metallico viene assorbito da un elettrone, che quindi viene emesso.
Quanto maggiore è l’energia
E
f
h f
del fotone, tanto maggiore sarà
l’energia cinetica dell’elettrone emesso. L’intensità della luce non ha in-
fluenza sull’energia dei singoli elettroni, perché corrisponde al numero di
fotoni che colpisce il metallo nell’unità di tempo, non alla loro energia.
Max Planck
(Kiel, 1858 - Göttingen, 1947)
Tra le più eminenti figure della fisica moder-
na, pose le basi della teoria dei quanti.
Approfondì gli studi di termodinamica fo-
calizzando l’attenzione sul problema dell’ir-
raggiamento del “corpo nero” (un qualsiasi
corpo che emette luce per riscaldamento).
A partire da questi studi formulò matemati-
camente l’ipotesi del quanto di radiazione,
che gli valse il Nobel per la fisica nel 1918.
Rimase in Germania durante il nazismo e si
oppose al regime di Hitler: suo figlio fu con-
dannato a morte per la partecipazione alla
congiura e all’attentato contro Hitler del 1944.
soglia
fotoelettrica
frequenza della
luce incidente
energia degli elettroni
Figura 23
Il grafico mette in relazione l’energia cinetica
degli elettroni emessi da un metallo e la frequenza della
radiazione elettromagnetica che colpisce la sua superficie.
Al di sotto di un valore soglia della frequenza non avviene
alcuna emissione.
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