Storia del diritto privato
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In questo contesto si sviluppò la riflessione dei
giuristi intorno al problema della costruzione di
una scienza giuridica intesa come complesso co-
ordinato di regole e di istituti logicamente colle-
gati e fu proprio questo contributo dottrinale a
preparare la strada al riformismo politico e alla
formazione dei primi codici moderni.
Verso la fine del Settecento vennero emanati co-
dici in Prussia, Francia ed Austria. Si trattava di te-
sti che cercavano di fondere insieme le regole del
diritto comune, le norme delle varie tradizioni na-
zionali e i nuovi principi elaborati dall’Illumini-
smo. Alcuni di essi si affiancavano al diritto pree-
sistente, lasciandolo in vigore; altri invece, come
quelli francesi, si proponevano come fonte esclu-
siva del diritto positivo.
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I codici francesi
In Francia il processo di codificazione si attuò già
nei primi anni del XIX secolo. Il codice civile fu
emanato nel 1804, il codice di procedura civile nel
1807, quello di commercio nel 1808 ed infine i co-
dici penale e di procedura penale nel 1811.
Il
Code civil
conteneva una disciplina organica di
tutti i settori del diritto privato, dalla famiglia alla
proprietà e ai rapporti di lavoro, e sanciva i prin-
cipi della libertà individuale, dell’eguaglianza civi-
le dei cittadini, della laicità dello Stato, della liber-
tà di pensiero e di culto, della libertà di commer-
cio e dell’inviolabilità della proprietà privata.
In esso si compiva una sintesi di grande chiarezza
tra gli ideali della rivoluzione ed i principi giuridi-
ci della tradizione del diritto romano e consuetu-
dinario, disegnando una società nel complesso or-
dinata e gerarchica.
I Codici moderni racchiudevano ed esaurivano
tutto il diritto dello Stato e si presentavano come
un’espressione fondamentale dell’identità propria
di ciascun popolo. Con essi lo Stato ebbe una le-
gislazione chiara ed uniforme e l’ordinamento ces-
sò di essere un insieme confuso di norme giuridi-
che particolari.
Il processo di codificazione rispose ad esigenze
profonde, tra loro intimamente connesse: da un
lato si intendeva semplificare un diritto estrema-
mente complesso e frammentato, in favore di po-
che e sistematiche leggi, e dall’altro si voleva ren-
derlo conoscibile ai suoi destinatari, attraverso la
chiarezza del dato normativo e la sua redazione
per iscritto.
In questo modo si conseguì un obiettivo molto
importante, che rappresenta un fondamento im-
prescindibile degli ordinamenti moderni e con-
temporanei: la certezza del diritto. Ciascun indivi-
duo doveva infatti essere certo della propria posi-
zione di fronte allo Stato e al suo diritto, in modo
da potere prevedere le conseguenze giuridiche
delle proprie azioni.
Infine si deve notare che, secondo l’ideologia ri-
voluzionaria, i Codici contenevano norme genera-
li ed astratte e presupponevano pertanto, con un
totale stravolgimento rispetto al passato, l’unicità
del soggetto destinatario. La pluralità di
status
sog-
gettivi e di appartenenze cetuali, che aveva finora
plasmato la disciplina civile, penale e commercia-
le, doveva lasciare il posto al principio dell’egua-
glianza di fronte alla legge.
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Il movimento per la codificazione
in Italia
Anche negli Stati italiani si avvertì il bisogno di ri-
formare in maniera sistematica e razionale il dirit-
to vigente.
L’urgenza di un rinnovamento era particolarmente
sentita nel diritto penale e in questo campo vi fu-
rono effettivamente dei contributi importanti sia a
livello dottrinale (si pensi soprattutto all’opera del
Beccaria) sia a livello legislativo (si pensi, per
esempio, alle riforme attuate nel Granducato di To-
scana). Negli altri settori del diritto, e specialmente
nel diritto privato, le riflessioni dei giuristi italiani
non si allontanarono per lo più dalla tradizione.
I tentativi di introdurre dei codici moderni negli
Stati italiani non portarono a risultati sostanziali e
i codici emanati nella seconda metà del Settecen-
to lasciarono in vigore le molteplici fonti del dirit-
to esistenti. Ciò si spiega pensando alla situazione
politica italiana, in cui gli sforzi accentratori dei
Principi non riuscirono a prevalere sull’opposizio-
ne dei ceti interessati a mantenere la condizione
di particolarismo sociale, economico e giuridico.
Si deve infatti riconoscere che, se è vero che ne-
gli ordinamenti italiani del XVIII secolo si erano
ormai sviluppate le premesse per un rafforzamen-
to sempre maggiore del potere centrale, esse si re-
alizzarono storicamente soltanto attraverso l’espe-
rienza determinante degli Stati napoleonici. In al-
tri termini la formazione dello Stato assoluto in
Italia, pur essendo un’evoluzione prevedibile
dell’assetto politico e sociale esistente, non si pre-
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