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che sono qualcosa d’immateriale, esistono per così dire solo nella mente di ciascuna
persona. Perché siano messi in comune con un’altra persona essi devono prima essere
tradotti in qualcosa di materiale e percepibile, cioè in un codice fatto di suoni, di gesti
o di segni scritti. A ogni significato spirituale deve corrispondere un significante mate-
riale, un segnale, un “pezzo di linguaggio”.
Essenziale perché la comunicazione riesca è inoltre che il codice usato da chi trasmette
il messaggio sia conosciuto da chi lo riceve. Se io parlo solo italiano e il mio interlocu-
tore solo finlandese, avrò un bel cercare di comunicargli quanto mi piace il tramonto
sul mare. Certo, potremo aiutarci con i gesti, ma allora faremo uso, appunto, di un al-
tro codice, questa volta noto a entrambi (o costruito insieme).
La
quarta condizione
è l’esistenza della
volontà
o
intenzione di comunicare
da par-
te dei soggetti coinvolti nell’interazione, l’esistenza cioè di un’intenzionalità comuni-
cativa. È molto difficile comunicare con chi si rifiuta di farlo, come testimonia il caso
drammatico dei bimbi
autistici
. Perché tra due soggetti s’instauri una comunicazione
è necessario che il primo abbia la volontà di trasmettere dei significati, e che l’altro ab-
bia la volontà di ascoltarli, recepirli, decodificarli.
elementi di complessità
Per sintetizzare, possiamo dunque affermare che, in linea di
massima, in ogni comunicazione devono essere presenti almeno due soggetti che co-
municano e che hanno la volontà di comunicare, che saranno, a turno, l’
emittente
del
messaggio e il ricevente (o
destinatario
). Ci dovranno poi essere un
messaggio
che
viene trasmesso (ossia un significato da comunicare), un
codice
di trasmissione del
messaggio fatto di segnali materiali, e un particolare
canale
di comunicazione (le on-
de sonore, la scrittura, il cavo telefonico). Abbiamo così costruito uno
schema forma-
le della comunicazione
, che ricalca quello, famoso, proposto dal linguista russo
Ro-
man Jakobson
(1896-1982) nel secolo scorso.
Benché esso valga come schema di tutte le interazioni sociali in cui avviene comuni-
cazione, queste sono di fatto molto più complesse di quanto si possa credere. L’emit-
tente non è mai esclusivamente tale; mentre parla è costantemente in allerta per rac-
cogliere gli eventuali messaggi (gesti, cenni del capo, interruzioni) provenienti dall’in-
terlocutore, il quale a sua volta non si limita ad ascoltare passivamente, ma può assen-
tire, dissentire, aggrottare le sopracciglia, muovere gli occhi, la bocca, le mani per far
pervenire all’emittente le proprie reazioni. Anche ridurre i soggetti coinvolti a due sol-
tanto costituisce un’evidente semplificazione. Quanto al codice, il fatto che debba es-
sere condiviso da entrambi non significa che sia per loro identico. Anzi, il codice usato
da un interlocutore non è mai identico a quello usato da un altro: nessuno parla mai
esattamente la stessa lingua.
Lessico
Autismo
Malattia psichica
piuttosto rara che coglie al-
cuni bambini in tenera età
e che si manifesta attra-
verso quattro sintomi tipi-
ci: l’incapacità di instaura-
re relazioni con gli altri, la
difficoltà di comunicare e
di apprendere i linguaggi,
l’assenza di gioco sponta-
neo, l’insistenza sulle stes-
se attività.
Le condizioni perché si dia comunicazione
due o più soggetti sociali
dei significati da comunicare
verbale
un codice in comune
non verbale
la volontà di comunicare
CONDIZIONI
DELLA COMUNICAZIONE
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