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ro linguaggio
all’età del bambino, utilizzando termini semplici, ripe-
tendo parole e frasi, richiamando con suoni vari l’attenzione. Tuttavia
emersero alcune
differenze
, soprattutto
nel modo di riferirsi agli og-
getti
. Le madri americane richiamavano frequentemente l’attenzione
sul giocattolo e sulle sue caratteristiche, mentre quelle giapponesi ten-
devano a non etichettare l’oggetto con un nome, e richiamavano l’at-
tenzione sul giocattolo in misura minore; la comunicazione era riferi-
ta, invece, maggiormente alla relazione tra madre e bambino. Schaffer
riporta questo esempio di dialogo: «Una madre americana potrebbe di-
re: “Questa è una macchina. La vedi? Ti piace? Ha delle belle ruote.”
La madre giapponese riferendosi allo stesso giocattolo direbbe: “Qui! È
una
vroom vroom
. Te la do. Adesso dalla a me. Sì! Grazie».
Queste comunicazioni riflettono
due diversi orientamenti culturali
. La
madre giapponese si pone maggiormente l’obiettivo di
insegnare al bam-
bino le regole sociali
, le norme che regolano i rituali di scambio linguisti-
co. Le madri americane tendono a sviluppare nei figli un
comportamento indipendente
,
coinvolgendoli nel gioco con gli oggetti, centrando la loro attenzione sul mondo esterno più
che sulla relazione con la madre. La comunicazione e l’utilizzo di un certo stile di linguaggio
servono dunque
a trasmettere i valori specifici della comunità sociale di appartenenza
.
Lo sviluppo emotivo
 Lo psicologo statunitense
Paul Ekman
(1934) ha individuato
sei emozioni primarie
presenti in tutti gli esseri umani:
felicità
,
sorpresa
,
disgusto
,
rabbia
,
paura
,
tristezza
. L’espressione delle emozioni gioca un ruolo rilevante nell’in-
terazione bambino-adulto, poiché è attraverso la
comunicazione delle emozioni
che
il bambino manifesta le sue richieste e i suoi bisogni. La manifestazione delle emozio-
ni può avvenire
in modo diverso nelle differenti culture
. Presso alcune popolazio-
ni le emozioni
non devono essere espresse
, per esempio presso i
Gusii
del
Kenia
ai
bambini si insegna a
controllare le emozioni
, la cui estrinsecazione è vista come una
minaccia all’armonia sociale. I
Giapponesi
, secondo gli studi di Ekman, controllano
le emozioni in pubblico ma le esprimono liberamente nell’ambito privato. Alcune cul-
ture attribuiscono importanza a specifiche emozioni: dagli studi di
Michelle Rosaldo
(1944-1981), si evince che presso gli
Hilongot
, una tribù delle Filippine, i bambini so-
no incoraggiati a manifestare rabbia e aggressività, come espressione di forza e coraggio.
Presso gli
Ifaluk
, abitanti di un’isola del
Pacifico occidentale
, i bambini sono inco-
raggiati a inibire il comportamento aggressivo e distruttivo. Il termi-
ne
metagu
indica la paura che porta a inibire l’aggressione. È conces-
so esprimere rabbia solo come reazione a condotte considerate moral-
mente riprovevoli. Di fronte al comportamento eccitato del bambino,
inaccettabile socialmente, gli adulti reagiscono quindi con rabbia, su-
scitando nel fanciullo
metagu
e conseguentemente inibendo la sua ag-
gressività. Si favorisce così lo sviluppo di
atteggiamenti volti alla co-
operazione e all’obbedienza
, valori tenuti in grande considerazione
presso questa popolazione.
Cultura e personalità
L’antropologa statunitense
Margaret Mead
(1901-
1978) evidenziò, già nei primi decenni del Novecento,
l’influenza del-
la cultura sullo sviluppo della personalità
. Nel testo
Adolescenza a Sa-
moa
(1928), analizzò la società samoana dell’epoca, le abitudini della po-
Una giovane madre
giapponese con il figlio.
L’antropologa statunitense
Margaret Mead.
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