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Verso la pedagogia scientifica
Un altro cambiamento che ha segnato profondamente la cultura educativa novecente-
sca è rappresentato da una nuova fisionomia della pedagogia, non più considerata co-
me l’unico sapere utile all’educazione, ma bisognosa di essere integrata da altri sape-
ri sull’essere umano come la biologia, la psicologia e la sociologia. Si trattò del primo
nucleo del modello che fu poi denominato
modello delle “scienze dell’educazione”
.
Alla sua definizione concorsero i protagonisti del movimento di rinnovamento scola-
stico detto inizialmente delle “scuole nuove” o dell’“educazione nuova”, che in Italia
prese il nome di “attivismo”, in Francia di
éducation nouvelle
, nei Paesi anglosassoni di
progressive education
e di
Reformpädagogik
nei Paesi di lingua tedesca.
Fin verso la metà dell’Ottocento, le descrizioni pedagogiche erano direttamente de-
dotte da
presupposti meta sici
o religiosi; nel migliore dei casi, erano fondate su os-
servazioni ed esperienze personali e mai verificate sperimentalmente. I contributi che
nella seconda metà del secolo giunsero in specie dalla psicologia cominciarono a deli-
neare
modalità più “scientifiche”
per intervenire in campo educativo, in particolare
in riferimento ai processi di apprendimento.
Decisivo in tal senso fu l’apporto di alcuni studiosi di formazione medico-psicologica
in conseguenza del quale la pedagogia acquisì maggiore attenzione alla ricorsività dei
fatti, più interesse verso il valore dimostrativo dei dati e si impegnò a creare ambien-
ti, tecniche, materiali capaci di rendere le pratiche didattiche funzionali allo sviluppo
mentale dei bambini. Alle dispute di principio ad esempio sul valore educativo della
cultura umanistica o scientifica o sui valori etico-politici da coltivare nei giovani, que-
sti studiosi anteposero la priorità della conoscenza sperimentale delle diverse caratteri-
stiche dell’infanzia e della fanciullezza.
Attraverso lo studio in laboratorio delle manifestazioni sensoriali e intellettive o a con-
tatto, in altri casi, con le situazioni di disabilità fisica e di svantaggio psichico, gli stu-
diosi fornirono significativi apporti alla conoscenza dello sviluppo psichico infantile,
alla misurazione dell’intelligenza, alle dinamiche di apprendimento, ai metodi più ef-
ficaci per conseguire il successo scolastico.
Nel 1879 WilhelmWundt fondò a Lipsia (Germania) il primo
laboratorio sperimen-
tale di psicologia
; nel 1882 Granville Stanley Hall intraprese un’analoga iniziativa ne-
gli Stati Uniti, cui fece seguito, nel 1891, l’uscita della rivista “The Pedagogical Semi-
nary”; nel 1890 un altro psicologo americano, James McKeen Cattell, ricorse per pri-
mo all’uso dei test mentali allo scopo di raccogliere in modo uniforme i dati relativi
ai vari aspetti della vita psicofisica. Di qui in avanti fiorirono in varie parti del mondo
laboratori e associazioni, pubblicazioni e congressi dedicati a iniziative sperimentali di
impianto psicopedagogico.
Gli studi sui test mentali generali aprirono la strada a una loro applicazione anche all’età
evolutiva. Nel 1905 lo psicologo francese Alfred Binet (1857-1911) presentò i primi
test di intelligenza
, raccolti nella Binet-Simon Intelligence Scale. Lo scopo principa-
le di questo strumento era identificare gli alunni che avevano bisogno di un particola-
re aiuto nelle materie scolastiche. Grazie al suo collaboratore Théodore Simon (1961),
Binet apportò ulteriori modifiche alla scala di intelligenza nel 1908 e nel 1911, poco
prima della sua prematura morte. Un successivo perfezionamento di questo strumen-
to fu messo a punto nel 1912 dallo psicologo tedesco William Stern (1871-1938), cui
si deve l’introduzione del QI (quoziente di intelligenza) e cioè il calcolo del rapporto
tra età mentale, misurata con i test, ed età cronologica.
Lessico
Presupposti metafisici
Con questa espressione si
intendono idee e principi
accettati non sulla base di
evidenze empiriche, bensì
sulla base di una loro ori-
gine trascendente, ovve-
ro che si pone al di là di
una realtà oggettiva e ve-
rificabile.
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