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L’avventura
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4 il fondo ceda:
molte piste per-
corse durante l’inverno dal-
le slitte corrono sul ghiaccio,
che copre indifferentemente
terra e acqua. Ma a primave-
ra lo strato di ghiaccio si as-
sottiglia fino a cedere e le ac-
que riaffiorano.
5 Dawson:
piccola cittadina e
centro di riferimento per i
cercatori d’oro.
6 Sol-leks … Pike:
sono i nomi
dei cani che compongono la
muta di Hal.
Ambienti pericolosi e inospitali
La primavera è un periodo critico in Ala-
ska, perché il disgelo rende pericolose le
piste ghiacciate che abitualmente ven-
gono percorse da cacciatori e cercatori
d’oro. Solo chi conosce bene il clima del
Paese e rispetta i suoi ritmi può sopravvi-
vere, ma questo non è il caso dei tre per-
sonaggi appena giunti all’accampamento
di Thornton.
Il narratore ci avvisa subito dei rischi
che i tre corrono (e che fanno correre
ai loro cani) con una frase anticipatri-
ce:
come viandanti
avviati alla morte
.
La frase ha naturalmente l’obiettivo di
aumentare la curiosità e l’attesa del let-
tore.
Quali segnali avrebbero dovuto far ca-
pire ad Hal e ai compagni che il ghiac-
cio sul fiume e tutt’attorno si sta scio-
gliendo?
Cosa consiglia Thornton ai tre viaggia-
tori?
Qual è invece l’ostinata decisione dei tre?
Thornton si presenta subito come uomo
di tutt’altro stampo: da cosa lo puoi de-
durre?
Attivati!
Ma i cani non si alzarono al comando. Ormai da molto tempo erano arri-
vati al punto in cui era necessario picchiarli per farli muovere. La frusta sibilò
qua e là, senza misericordia. John Thornton strinse le labbra. Sol-leks fu il
primo a rimettersi in piedi, con grande fatica. Poi fu la volta di Teek. Poi Joe,
gemendo di dolore. Pike
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fece sforzi dolorosi. Due volte ricadde, quando già
era quasi in piedi, e al terzo tentativo riuscì ad alzarsi. Buck non fece alcuno
sforzo. Rimase fermo dove era caduto. La frusta lo colpì più e più volte, ma
lui non dette un gemito, non accennò ad alzarsi. Più di una volta Thornton
fece come per parlare, ma cambiò idea. Gli occhi gli si velarono e, mentre le
frustate continuavano, si alzò e prese a camminare su e giù con aria indecisa.
Era la prima volta che Buck veniva meno al suo dovere, ragione suffi-
ciente in se stessa per infuriare Hal. Scambiò la frusta con il bastone. Sotto
la pioggia dei colpi più pesanti che si abbattevano su di lui, Buck rifiutò di
fare il minimo movimento. Come i suoi compagni, era a malapena in grado
di alzarsi, ma, a differenza di loro, aveva deciso di non alzarsi. Avvertiva la
vaga sensazione di una catastrofe imminente. L’aveva sentita già prima con
forza, mentre tirava la slitta verso la sponda, e ora non lo aveva abbandonato.
A causa del ghiaccio sottile e malfermo che si era sentito sotto i piedi tutto il
giorno sembrava sentisse la vicinanza di un disastro, là, avanti, sul ghiaccio
dove il padrone cercava di spingerlo. Rifiutò di muoversi.
Ormai aveva tanto sofferto, era così sfinito che i colpi non gli facevano qua-
si più male. E mentre continuavano a piombargli addosso, la scintilla di vita
che era in lui vacillò e si affievolì di colpo. Era quasi spenta. Si sentiva preso
da uno strano torpore. Come da una grande distanza, capiva che lo stavano
picchiando. Le ultime sensazioni di dolore svanirono. Non sentiva più nien-
te, sebbene avvertisse molto debolmente l’impatto del bastone contro il suo
corpo. Ma non era più il suo corpo, tanto sembrava lontano.
È qui ormai evidente
la personalità “quasi
umana” di Buck, vero
protagonista del
romanzo.
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«Vi hanno detto la verità» confermò John Thornton. «È probabile che il
fondo ceda
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da un momento all’altro. Non rischierei la pelle su quel ghiaccio
neanche per tutto l’oro dell’Alaska.»
«Noi però proseguiamo per Dawson
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» ribatté Hal e srotolò la frusta. «In
piedi, Buck! Forza! In piedi! Avanti, avanti!»
Thornton continuò a rifinire il manico d’ascia. Intromettersi tra un pazzo
e la sua follia era tempo perso: lo sapeva; mentre due o tre pazzi in più o in
meno non avrebbero cambiato lo schema del mondo.
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