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percorrere i generi
profondimento del
significato morale
della lotta che
ogni eroe deve affrontare: i cavalieri medievali sono
consapevoli del fatto che “andare alla ventura” signi-
fica mettersi alla prova e che gli ostacoli che incon-
treranno (per volere del destino o della Provvidenza)
sono prove da superare per affermare il proprio valore
di fronte agli altri e acquistare coscienza di sé. Con le
storie medievali, insomma, l’avventura acquista una
esplicita
funzione formativa
, che in seguito caratte-
rizzerà molte opere del genere, dando loro un senso
che trascende il puro divertimento.
L’avventura dal rinascimento
al Settecento
Legatasi alle vicende dei cavalieri medievali, nel Quat-
trocento l’avventura diviene un importante elemento
dei poemi cavallereschi, come l’
Orlando Furioso
di Lu-
dovico Ariosto
[ vol. poesia]
o il
Morgante maggiore
di Luigi Pulci. Avventurose sono anche le narrazioni
di un particolare genere, la letteratura picaresca, che
nasce in Spagna nel Cinquecento con il
Lazarillo de
Tormes
, incentrato sulle peripezie di un giovane strac-
cione, un vagabondo ai margini della società.
Nei secoli successivi, le storie a base di maghi,
oggetti fatati e draghi verranno progressivamente
abbandonate a favore di un’impostazione più vi-
cina alla realtà.
Il tema avventuroso costituisce una componente
essenziale anche dei primi romanzi “moderni”:
il seicentesco
Don Chisciotte
, dello spagnolo Mi-
guel Cervantes, e i settecenteschi
Robinson Cru-
soe
, dell’inglese Daniel Defoe, e
I viaggi di Gulliver
,
dell’irlandese Jonathan Swift.
La nascita e lo sviluppo del genere
nell’ottocento
La moderna narrativa d’avventura nasce nell’
Ot-
tocento
e si caratterizza per l’
atteggiamento rea-
listico
e per l’
ambientazione esotica
.
L’elemento fantastico scompare del tutto, a favore
di un’impostazione più vicina alla realtà, in cui il
criterio della
verosimiglianza
non viene mai meno.
A partire dal XIX secolo, infatti, gli elementi fan-
tastici andranno sempre più a caratterizzare altri
generi narrativi che, pur mantenendo alcuni tratti
in comune con la tradizione avventurosa, diven-
teranno del tutto autonomi da essa: ci riferiamo
all’horror
[ p. 329]
, alla fantascienza
[ p. 301]
e, più tardi, al fantasy
[ p. 273]
.
L’elemento fantastico viene sostituito con l’
ambien-
tazione esotica
, capace di suscitare nel lettore gli
stessi sentimenti di sorpresa e meraviglia che un
tempo erano suscitati da eventi magici o sopranna-
turali. Questo esotismo è innanzitutto da intendersi
in senso
geografico
: l’Ottocento è il secolo in cui
le nazioni europee si impegnano nella conquista
di colonie in Asia e in Africa, portando a termine
l’esplorazione di questi continenti fino ad allora in
gran parte sconosciuti. È difficile oggi immaginare
l’entusiasmo che provocavano centocinquanta an-
ni fa le imprese degli esploratori partiti alla ricerca
delle sorgenti del Nilo o del Congo, che attraver-
savano il deserto australiano o che cercavano il
passaggio a nord-ovest (la via per raggiungere il
Pacifico dall’Atlantico, a nord del Canada). Il ro-
manzo d’avventura ottocentesco rispecchia questo
entusiasmo diffuso, fornendo ai lettori abbondanti
descrizioni delle giungle, dei deserti, degli animali
selvaggi, dei popoli più misteriosi e strani…
Ma l’ambientazione può essere “esotica” (cioè lon-
tana) anche nel
tempo
, come accade nella narrativa
più propriamente storica: molte volte le avventure
raccontate nell’Ottocento si svolgono in secoli pre-
cedenti, spesso nel Seicento o nel Medioevo, talvol-
ta in epoca più antica. La
lontananza nel tempo
stimola la curiosità del lettore come la
lontananza
nello spazio
, perché lo porta a contatto con civiltà
e modi di vivere che gli sono sconosciuti. In questo
senso, un esempio significativo è il romanzo
L’ul-
timo dei Mohicani
(1826) dello statunitense
James
Fenimore Cooper
, ambientato nei selvaggi terri-
tori del Nordamerica abitati da pellerossa e coloni,
durante la guerra combattuta tra Inglesi e Francesi
verso la metà del Settecento.
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