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L’avventura
si era spostata a un’altitudine maggiore, lungo i pendii occidentali della cate-
na vulcanica dei Virunga. E tutto procedeva normalmente finché un giorno,
verso il mezzodì, i portatori si rifiutarono recisamente di proseguire.
Questa zona dei Virunga, dissero, veniva chiamata
kanyamagufa
, che si-
gnifica «il posto delle ossa». E sostenevano che chiunque fosse stato talmente
temerario da proseguire sarebbe finito con tutte le ossa rotte, specie quelle del
cranio. I portatori continuavano a toccarsi le mascelle e a ripetere che avreb-
bero loro schiacciato il cranio.
Erano tutti arawani di lingua bantù e venivano dalla grande città più vicina,
Kisangani. Come quasi tutti gli indigeni che vivevano in città, erano pieni di
credenze superstiziose sulla giungla del Congo. Kruger convocò il loro capo.
«Che tribù ci sono qui?» domandò, indicando la giungla.
«Niente tribù,» disse il capo.
«Niente tribù? Neanche i bambuti?» domandò Kruger riferendosi al più
vicino gruppo di pigmei
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.
«Nessun uomo venire qui,» disse il capo. «È
kanyamagufa
«Ma allora chi schiaccia i crani?»
«
Dawa
,» disse sinistramente il capo, usando il termine bantù che indica
le forze magiche. «Forte
dawa
qui. Uomini rimanere lontani.»
Kruger sospirò. Come tanti bianchi, era profondamente stufo di sentir
parlare di
dawa
.
Dawa
era dappertutto, nelle piante e nelle rocce e nelle tem-
peste e in ogni genere di nemici. Ma la fede in
dawa
era diffusa in gran parte
dell’Africa e saldamente radicata nel Congo.
Kruger era stato costretto a sprecare il resto della giornata in tediosi
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nego-
ziati. Alla fine, raddoppiò loro il salario e promise armi da fuoco per quando
fossero tornati a Kisangani, ed essi accettarono di proseguire. Kruger consi-
derò l’incidente un’irritante manovra degli indigeni. Si poteva star certi che
prima o poi i portatori avrebbero fatto appello a qualche superstizione loca-
le per farsi aumentare la paga, una volta che la spedizione si fosse talmente
inoltrata sul campo da dover dipendere da loro. Ma aveva messo in bilancio
questa eventualità e, una volta accettate le loro richieste, non ci pensò più.
Non si preoccupò neanche quando s’imbatterono in varie zone coperte di
frammenti sparsi di ossa – che spaventavano molto i portatori. Dopo averle
esaminate, scoprì che non si trattava di ossa umane ma di quelle piccole e
delicate dei colobi, le belle e irsute
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scimmiette bianche e nere che vivevano
sugli alberi. Era comunque vero che c’erano moltissime ossa, e Kruger non
aveva idea del perché fossero così disseminate, ma viveva da tempo in Africa
e di cose inspiegabili ne aveva viste tante.
Né si lasciò impressionare dai frammenti di pietra coperti di vegetazione
da cui si poteva dedurre che in questa zona c’era stata un tempo una città. Si
era già imbattuto altre volte in ruderi inesplorati. Nello Zimbabwe, nel Broken
Hill, nel Maniliwi c’erano resti di città e di templi che nessuno scienziato del
Novecento aveva mai visto e studiato.
La prima sera s’accampò nei pressi delle rovine.
I portatori, presi dal panico, sostenevano che le forze maligne li avrebbero
attaccati durante la notte. La loro paura contagiò anche i geologi americani; e
Kruger, per farli star tranquilli, aveva disposto per la notte due sentinelle, se
stesso e Misulu, il più fidato dei portatori. La considerava una stupidaggine,
ma gli era parsa una mossa politicamente opportuna.
E, proprio come si aspettava, la notte era trascorsa tranquilla. Verso mez-
zanotte c’era stato un po’ di movimento tra i cespugli, e qualche sommesso
ansito sibilante che lui aveva attribuito a un leopardo. I grandi felini avevano
spesso problemi respiratori, specie nella giungla. Per il resto, era andato tutto
benissimo, e adesso era ormai l’alba: la notte era passata.
La “diversità” di questo
ambiente dal mondo
che conosciamo
è ulteriormente
accentuata dallo
strano comportamento
dei portatori e dalle
spiegazioni che danno
per giustificarlo.
Le credenze magiche
degli indigeni ci
introducono in una sfera
di mistero e inquietudine.
Anche Kruger, che
pure non ne appare
impressionato, sa di
trovarsi in un mondo
ancora parzialmente
inesplorato.
11 pigmei:
gruppo di popola-
zioni centro-africane, famo-
se per la loro bassa statura.
12 tediosi:
noiosi.
13 irsute:
dal pelo folto, lungo
e ispido.
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