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Il Seicento: tra naturalismo e ideale classico
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Un’apertura all’Europa: Rubens, Velázquez, La Tour, Rembrandt, Vermeer
a una composizione immersa in uno spazio libe-
ro, senza limiti. Il fondo nero e compatto dell’ar-
desia accresce il senso di potente sospensione del-
le figure e crea un energico e quasi deflagrante
contrasto tra potenza fisico-naturale e astrazione
data dal fondo che mira a riprodurre l’effetto di
evidenza vitrea dei mosaici paleocristiani; in quel
contesto storico, quella scelta significava tornare
alle origini del Cristianesimo
, analogamente a ciò
che Cesare Baronio (1538-1607), seguace di San
Filippo Neri e cardinale residente della Vallicel-
la, portava avanti in quegli anni sul piano liturgi-
co e storiografico.
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Pierre Paul Rubens,
L’effigie della Madonna col Bambino porta-
ta in gloria
, 1607, olio su ardesia, cm 425 x 280. Roma, Santa Ma-
ria in Vallicella.
Un’apertura all’Europa:
Rubens, Velázquez, La Tour,
Rembrandt, Vermeer
Molti pittori del Seicento europeo entrano in
contatto con l’arte italiana e specialmente con
la
pittura veneziana
e con la
cultura romana
e
caravaggesca.
Pierre Paul Rubens, «ingegno universale»
Del fiammingo
Pierre Paul Rubens
(Siegen, 1577
- Anversa, 1640) Bellori scriveva: «Egli era natural
dono, spirito vivo, ingegno universale», cogliendo-
ne il talento naturale e la straordinaria cultura di
amante delle antichità classiche e collezionista raf-
finato. Giunge in Italia da Anversa nel 1600 e il suo
lungo soggiorno italiano è proficuo per sé e per al-
cune scuole locali, specie quella genovese.
Genova
era una città in forte espansione economi-
ca da ormai qualche decennio. La ricca borghesia
mercantile stava trasformandosi in aristocrazia e di
conseguenza le casate genovesi aspiravano a un’im-
magine sociale che le qualificasse. Rubens, come
un altro pittore fiammingo arrivato in Italia, An-
ton van Dyck, ne diviene il ritrattista ufficiale; en-
tra in stretto rapporto anche con il duca di
Manto-
va
Vincenzo I Gonzaga, al cui servizio rimane sino
al 1608. In qualità di consulente gli fa acquistare la
Morte della Vergine
di Caravaggio, messa in vendi-
ta dai Carmelitani di Santa Maria alla Scala a Ro-
ma perché aveva suscitato scandalo.
Fantasia di invenzione
Il pittore anversese possiede una fantasia di inven-
zione quasi ineguagliabile. Lascia una
produzione
immensa
, improntata alla sfolgorante resa teatrale
degli atteggiamenti, alla preziosità cromatica, allo
splendore di luci dorate, alla varietà dei soggetti,
interpretati, che si tratti di temi cristiani oppure
pagani, con senso di potenza plastica e dinamica
e come subitanee apparizioni intensamente emo-
zionali che colpiscono i sensi e persuadono alla
fede lo spettatore.
A
Venezia
Rubens è pressoché folgorato dalle ope-
re di Tiziano, di cui erano fornite anche le collezio-
ni spagnole. A
Firenze
assiste alle nozze di Maria
de’ Medici con Enrico IV che in seguito celebre-
rà in un ciclo di venti dipinti.
Deflagrante potenza
A
Roma
copia i modelli dell’antichità, ma è an-
che attratto dai grandi maestri del Rinascimento,
e nella città dà il meglio di sé nel trittico con
L’ef-
figie della Madonna col Bambino portata in gloria
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di Santa Maria in Vallicella, la chiesa dei fi-
lippini, monaci dell’Ordine di San Filippo Neri,
luogo di grande prestigio della Roma del primo
Seicento. È un trittico dipinto a olio su ardesia,
dove il fulcro compositivo è l’immagine miraco-
losa della Vergine circondata di una corona di an-
geli in volo, mentre ai lati si dispongono gruppi
di santi. Il moto concentrico e gli effetti della lu-
ce dorata che batte sulle vesti di seta, danno vita
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