I poemi omerici
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non compra, non riscattata, e si conduca una sacra ecatombe
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a Crisa: allora potremo mitigarlo, piegarlo”.
Così detto, sedette; s’alzò fra loro
l’eroe figlio d’Atreo, il molto potente Agamennone,
infuriato, d’ira tremendamente i neri precordi
erano gonfi, gli occhi parevano fuoco lampeggiante;
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subito guardando male Calcante gridò:
“Indovino di mali, mai per me il buon augurio tu dici,
sempre malanni t’è caro al cuore predire,
buona parola mai dici, mai la compisci
3
!
E adesso in mezzo ai Danai annunci profetando
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che proprio per questo dà loro malanni il dio che saetta,
perch’io della giovane Criseide il ricco riscatto
non ho voluto accettare: molto io desidero
averla in casa, la preferisco a Clitemnestra
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davvero,
benché sposa legittima, ché in nulla è vinta da lei,
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non di corpo, non di figura, non di mente, non d’opere.
Ma anche così consento a renderla, se questo è meglio;
io voglio sano l’esercito, e non che perisca.
Però un dono, subito, preparate per me; non io solo
degli Argivi resti indonato, non è conveniente
5
.
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Dunque guardate tutti quale altro dono mi tocchi”.
Lo ricambiò allora Achille divino piede rapido:
“Gloriosissimo Atride, avidissimo sopra tutti,
come ti daranno un dono i magnanimi Achei?
In nessun luogo vediamo ricchi tesori comuni;
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quelli delle città che bruciammo, quelli son stati divisi.
3.
Prima della partenza per Troia la spedizione era stata a lungo bloc-
cata in Aulide da venti contrari suscitati da Artemide, offesa perché
Agamennone aveva ucciso una cerva a lei sacra, e l’indovino Calcante
aveva predetto che la dea non si sarebbe placata fino a quando Agamen-
none non le avesse sacrificato la propria figlia Ifigenia. Questo episodio
mitico era trattato in uno dei poemi del cosiddetto ciclo epico, i
Canti
di Cipro
(cfr. p. 52).
4.
Clitemnestra è sorella di Elena e sposa di Aga-
mennone.
5.
Per gli schemi di pensiero di una “cultura di vergogna”
(cfr. mito cultura società, p. 44) ciò implicherebbe una pubblica
umiliazione, inaccettabile per il capo dell’esercito.
Il potere assoluto:
ènax
Nei poemi omerici coesistono diver-
se parole che indicano gli attributi della regalità e ciò è frutto
non solo di una diversificazione di significati, ma anche di
una stratificazione storica e culturale. Il termine più elevato
per caratterizzare gli uomini di potere è certamente
ènax
,
«signore», «sire» (che ha anche la connotazione di «protet-
tore», «salvatore», specialmente riferito a figure divine). Il
fatto che originariamente la parola cominciasse con digam-
ma è attestato sia dalla metrica omerica (poiché il digamma
scomparso continua a “fare posizione” come semiconsonan-
te) sia da iscrizioni dialettali arcaiche, in cui la grafia del
digamma è conservata (cfr. anche p. 4). Nelle tavolette mice-
nee il termine traslitterato come
wanax
pare indicare sia un
capo politico sia una figura divina, e non sempre è possibile
distinguere chiaramente tra le due accezioni. In Omero la
formula
ènax ñndr≠n
, «sire di uomini», è usata solo in ri-
ferimento ad Agamennone, mentre il vocativo
èna
solo per
Zeus; in attico il termine sopravvive nelle imprecazioni come
epiteto della divinità ed è adoperato particolarmente per
Apollo. L’uso di
ènax
in Omero è la traccia evidente di una
situazione politica in cui il re rappresentava un potere asso-
luto, dotato di connotazione religiosa. Il femminile
ènas-
sa
è usato solo per le divinità ed è notevole il suo impiego
da parte di Odisseo, quando si rivolge per la prima volta a
Nausicaa (cfr. p. 125), lasciando intendere di considerarla
appunto una divinità.
La sovranità condivisa:
basileÖ©
Diversa è l’idea della rega-
lità sottesa all’altra parola che Omero usa per indicare «re»,
cioè
basileÖ©
. Anche questa parola compare nelle tavolette
micenee (la traslitterazione corrispondente è
qasirew
, con il
derivato femminile
qasirewja
) e indica un funzionario di
La regalità
M I TO CULTURA SOC I ETà