Dal noto
all’ignoto
Il maestro conduce il discepolo dalle
cose già note alla conoscenza delle
ignote in due modi: primo, offrendo-
gli degli aiuti o strumenti di cui il suo intelletto si possa
servire per acquistare il sapere, come ad esempio propo-
nendogli delle proposizioni meno universali che tuttavia il
discepolo sia in grado di giudicare per via di proposizioni
già note; o proponendogli degli esempi sensibili, simili o
opposti o della stessa specie, da cui l’intelletto del discepo-
lo vien guidato alla conoscenza della verità ignota. In un
secondo modo, quando rinforza l’intelletto del discente
4
,
non con qualche facoltà attiva quasi superiore alla natura
[…] (tutti gli intelletti umani sono infatti di uno stesso
grado nell’ordine naturale), ma in quanto indica al disce-
polo l’ordine razionale che corre
5
tra i principi e le conclu-
sioni, mentre forse egli da solo non avrebbe avuto tanta
forza discorsiva
6
da dedurre le conclusioni dai principi.
Per questo nel primo libro degli
Analitici posteriori
è detto
che la dimostrazione è un sillogismo
7
che dà scienza, e per
questo chi dimostra dà il sapere a chi l’ascolta.
Apprendimento
e guarigione
Al
primo
argomento dunque si deve
rispondere che, come s’è già detto, l’in-
segnante esercita solo una funzione
esteriore, come il medico che risana
8
; e come la natura inte-
riore è la prima causa della guarigione, così il lume interiore
dell’intelletto è la prima causa del sapere. L’una e l’altro de-
rivano da Dio e, come di Dio si dice: Egli è
colui che sana
tutte le tue infermità
,
così anche si dice: Egli è
colui che inse-
gna all’uomo il sapere
,
in quanto in noi è impressa la luce del
suo volto per il quale tutte le cose ci sono manifestate.
Scienza
come principio
Al
secondo
argomento si deve rispon-
dere che il maestro non causa il sape-
re nel discepolo a guisa
9
di agente
naturale, come obietta Averroè; onde
10
non è necessario
che la scienza sia una qualità attiva, ma è solo un princi-
pio da cui uno è diretto nell’operare.
Stimolare
il discepolo
Al
terzo
argomento si deve dire che il
maestro non causa la luce intelligibi-
le
11
nel discepolo, né direttamente le
specie intelligibili, ma con il suo insegnamento stimola il
discepolo perché, attraverso la capacità del proprio intel-
letto, formi le concezioni intelligibili delle quali egli, dal
di fuori, offre i segni.
(Tommaso d’Aquino,
Somma teologica
, I, q. 117, a. 1,
trad. it. di T. Gregory, in
Il pensiero pedagogico del Medioevo
,
a cura di B. Nardi, Giuntine-Sansoni, Firenze 1956, pp. 271-275)
1.
Nella terminologia aristotelica, l’intelletto che rende effettive le poten-
zialità conoscitive dell’uomo.
2.
Allo stesso modo.
3.
Opera di Aristote-
le sulla logica.
4.
Allievo.
5.
Che intercorre.
6.
Forza del ragionamento.
7.
Ragionamento che, a partire da un certo numero di premesse, giunge
necessariamente a una determinata conclusione.
8.
Guarisce.
9.
Come.
10.
Per cui.
11.
Relativa alla conoscenza.
Commento
Il problema affrontato da Tommaso (“se
un uomo possa insegnare ad un altro
uomo”) è preliminare rispetto a qualsiasi
discorso intorno all’apprendimento. Si tratta di un problema
fortemente discusso al tempo in cui il filosofo visse, la cui ri-
sposta dipende dalla possibilità o meno che l’uomo sia causa
di qualcosa. Se Dio è causa di tutto e l’uomo si limita a essere
una semplice creatura priva di potere causativo, come si spie-
ga che un uomo possa essere causa del sapere di un altro
uomo? Come si spiega che un uomo insegni qualcosa a qual-
cuno?
Tommaso risponde assumendo una posizione intermedia tra
quella di chi (come Avicenna) sosteneva che la conoscenza
proviene totalmente dal di fuori e chi (i platonici ad esempio)
affermava invece che essa si trova già tutta nell’anima dell’uo-
mo. Per l’Aquinate, la conoscenza scaturisce da un concorso
di cause interne ed esterne: il sapere si acquista attraverso
quel principio interiore che è rappresentato dall’intelletto
agente; allo stesso tempo, tuttavia, affinché la conoscenza
sia qualcosa di effettivo (di attuale, secondo la terminologia
aristotelica), è necessario un intervento esterno come può
essere quello di un maestro.
Come altrove nella sua opera, anche qui Tommaso paragona
il processo di apprendimento alla guarigione da una malattia,
allo scopo di mostrare come la causa prima di entrambi (ap-
prendimento e guarigione) sia interiore, pur avendo bisogno
di uno stimolo proveniente dall’esterno. A ciò si aggiunge
l’analisi degli espedienti, di cui il maestro si può servire per
portare l’allievo dal piano del noto a quello dell’ignoto, ov-
vero a conoscere cose nuove. Da un lato, il maestro può con-
durre l’allievo al sapere tramite esempi o proposizioni meno
generali di quelle a cui si deve arrivare (dunque più facili da
apprendere); dall’altro, può insegnargli secondo quali regole
è possibile dedurre in modo razionale conclusioni esatte a
partire da principi dati. A questo proposito, Tommaso fa ri-
ferimento ad Aristotele e alla costruzione sillogistica, modello
per lui di deduzione rigorosamente razionale.
Q
ualche domanda
➜
In che senso il sapere si può acquistare sia attraverso
un principio interiore sia attraverso uno esteriore?
➜
In che modo il maestro può condurre l’allievo dalla
conoscenza di ciò che è noto a quella dell’ignoto?
➜
Qual è la funzione del maestro secondo Tommaso?
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