Ciò avviene quando la società applica a colui che ha violato la norma lo
stigma
di “de-
viante”. Questi viene allora non solo disapprovato, ma anche identificato personalmente
come un trasgressore di norme, e come tale indicato alla pubblica disapprovazione. Chi
subisce la
stigmatizzazione
diviene agli occhi del mondo circostante non più qualcuno
che ha compiuto un comportamento deviante, ma uno che da un momento all’altro
potrebbe tornare a deviare. Egli non è più considerato uno che ha commesso un cri-
mine, ma un vero e proprio criminale: uno la cui vita è dedicata al crimine. La società
costruisce in questo modo intorno all’individuo un’immagine di devianza che questi
spesso fa propria, arrivando anch’egli ad attribuire a se stesso una personalità devian-
te e quindi a rinunciare definitivamente all’ambizione d’integrarsi nella cultura domi-
nante. Egli viene per così dire “risucchiato” nel ruolo del criminale. A questo punto è
davvero sulla buona strada per tramutarsi effettivamente in un criminale.
Il carcere
Queste osservazioni ci fanno capire che, se da un lato la società (se vuole
mantenersi) non può rinunciare a cercare di arginare i fenomeni di devianza, dall’altro
lato i mezzi che essa usa a questo scopo sono spesso inefficienti e a volte controprodu-
centi.
La trasformazione di un individuo in criminale può essere un processo in-
nescato da quegli stessi strumenti che la società utilizza per porre freno ai com-
portamenti devianti
.
Anche il carcere svolge, paradossalmente, questa terribile funzione. Il carcere è infatti
il luogo in cui i piccoli delinquenti che hanno commesso i loro primi reati vengono a
stretto contatto con il mondo della grande criminalità e ne subiscono il fascino, ne ap-
prendono le regole, ne imparano i trucchi. Inoltre, chi è stato in carcere deve patire, al-
la fine della detenzione, un così forte stigma sociale che, trovando grandi difficoltà nel
reinserimento nella vita regolare, torna quasi inevitabilmente a inserirsi nel mondo del-
T3, T4
➜
Lessico
Stigma
Stigma
significa
marchio, impronta, segno
peculiare. In sociologia si
usa il termine “stigma” per
indicare il “marchio” con
cui la società contrassegna
una persona o un gruppo
sociale che, a suo modo di
vedere, è portatore di un
difetto.
Le domande
del presente
Il carcere e le misure alternative alla detenzione
Le misure alternative alla detenzione
In questo clima culturale nascono le mi-
sure alternative alla detenzione, istituite
in Europa in tempi diversi e conmodalità
e finalità differenti, ma sancendo ovun-
que un principio importante: il sistema
penitenziario non coincide più con quello
carcerario e la pena detentiva smette di
essere l’unica pena.
In Italiamisure alternative alla detenzione
vengono introdotte per la prima volta nel
1975 con l’istituto dell’affidamento in pro-
va ai servizi sociali. Negli anni successivi si
sono via via moltiplicate e specializzate,
concretizzandosi sostanzialmente in due
categorie fondamentali:
•
Misure sospensive della pena: accompa-
gnate da speciali condizioni, accettate
dal soggetto e contrassegnate da una
certa sorveglianza e dall’aiuto di perso-
nale qualificato.
•
Modalità alternative di esecuzione della
Il carcere come unica risposta al pro-
blema della criminalità
Costringere o
convincere? Educare o punire? Questi
sono gli interrogativi fondamentali da
cui partire quando ci si voglia interroga-
re sulle strategie più efficaci per ridurre i
rischi connessi alla criminalità.
Per secoli l’unica risposta è stata la pena
detentiva in carcere. Verso l’inizio del
Novecento, tuttavia, il carcere cominciò
a evidenziare i propri limiti, mostrando
di essere una soluzione meramente af-
flittiva e non rieducativa, troppo costosa
e carente sul piano della difesa sociale.
Sulla base di queste considerazioni si fece
strada lentamente la consapevolezza che,
se per i reati più gravi era difficile ipotizza-
re una valida alternativa alla detenzione,
per i comportamenti criminali minori era
necessario trovare dei sistemi più efficaci
per la rieducazione dei condannati e per
il loro reinserimento sociale.
pena detentiva: riduzione della reclusio-
ne sia a livello quantitativo (come per
esempio gli arresti domiciliari, introdotti
nel 1986, in base ai quali si è reclusi nella
propria abitazione) sia qualitativo (per
esempio la semilibertà, introdotta nel
1998, in base alla quale il condannato
può uscire dal carcere per partecipare
ad attività lavorative, istruttive o utili al
suo reinserimento sociale).
Da quando sono state attuate, entrambe
le forme, consentendo un contatto del
condannato con l’ambiente libero e non
interrompendo le sue normali attività so-
ciali, hanno ottenuto effetti positivi in ter-
mini di rieducazione e di reinserimento.
Dal punto di vista sociale, inoltre, a medio
termine hanno ridotto l’incidenza delle
“recidive”(la ripetizione del reato da parte
di una persona), e a breve hanno offerto
uno strumento per cercare di contenere
il sovraffollamento negli istituti di pena.
161-212_4sociologia.indd 199
28/02/