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1. Wittgenstein e la tradizione empiristica
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Formalismo.
Programma di fondazione della matematica proposto da Hilbert e perseguito soprattutto con
l’intento di costruire un sistema assiomatico dell’aritmetica in grado di dimostrare la propria non contraddit-
torietà, e quindi di giustificare se stesso indipendentemente da ogni interpretazione.
Giochi linguistici.
Nella filosofia del “secondo Wittgenstein” questa espressione indica l’insieme di tutte le
attività umane in cui il linguaggio è coinvolto e ciò che fa sì che i termini e le proposizioni abbiano un signi-
ficato, stabilito caso per caso sulla base delle regole d’uso delle espressioni.
Intuizionismo.
Teoria dei fondamenti della matematica sviluppata a partire dalle riflessioni di Brouwer, che
riconducono la matematica al pensiero indipendente dal linguaggio e dalla logica; la matematica è vista co-
me costruzione mentale a partire da un’unica intuizione fondamentale.
In ambito etico è la teoria, sostenuta (tra gli altri) da Moore, secondo cui la conoscenza di ciò che è “buono”
è un atto mentale di tipo intuitivo (immediato), data la non analizzabilità del concetto di “buono” in termi-
ni di altre proprietà.
Logica formale o moderna.
In senso ristretto essa può essere caratterizzata come lo studio sistematico dei
nessi di carattere deduttivo tra gli enunciati del linguaggio in riferimento alla loro forma.
Logicismo.
Nel dibattito sui fondamenti della matematica è la posizione di coloro che tentano di ridurla al-
la logica, in particolare di ricostruire l’intera aritmetica all’interno di un sistema puramente logico. Ne sono
esempi il sistema di Frege e quello dei
Principia Mathematica
di Russell e Whitehead.
Metaetica.
È la parte della riflessione etica che esamina il significato dei termini morali, quali “buono”, “giu-
sto”, “dovere”, e dei giudizi morali.
Olismo.
Dal greco
òlos
, “tutto”. In Quine, e in generale nell’empirismo contemporaneo, il termine indica quel-
la concezione che guarda al significato conoscitivo di ogni proposizione non come un fatto isolato in se stes-
so, bensì strettamente dipendente dall’insieme (dal “tutto”) delle altre proposizioni del linguaggio.
Principio di verificazione.
Tesi di carattere semantico condivisa dagli empiristi logici; essa afferma che sol-
tanto gli enunciati che possono essere soggetti a verifica empirica sono dotati di significato, così che il signifi-
cato stesso di un enunciato viene a coincidere con il metodo della sua verificazione. Carnap indebolisce tale
tesi, sostituendola con il «principio di controllabilità».
Proposizioni atomiche.
Sono le proposizioni non scomponibili in proposizioni più semplici. Alle proposi-
zioni atomiche vere corrispondono, nella realtà, i fatti atomici.
Proposizioni molecolari.
Proposizioni composte dalle proposizioni atomiche mediante i connettivi logici
“e”, “o”, “non”, “se... allora...”. Alle proposizioni molecolari vere corrispondono i fatti complessi.
Proposizioni protocollari.
Nella terminologia dell’empirismo logico, sono le registrazioni linguistiche
dell’esperienza immediata e costituiscono la base su cui costruire l’edificio delle varie teorie scientifiche.
Raffigurazione.
Per il Wittgenstein del
Tractatus
essa è la relazione che sussiste tra il linguaggio (in quanto
espressione del pensiero) e il mondo. Tale relazione è resa possibile dall’identità di forma logica tra le propo-
sizioni e gli stati di cose che esse rappresentano.
Riduzionismo.
In generale, concezione filosofica volta a mostrare come un complesso possa essere ridotto
– mediante opportuni strumenti concettuali e linguistici – a una serie di elementi semplici. Nella filosofia di
Carnap il termine indica il processo attraverso cui gli oggetti della scienza e dell’esperienza quotidiana vengo-
no riportati (ridotti) alle esperienze fenomeniche soggettive. È oggetto della critica di Quine.
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