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Il secondo Novecento
Fatta questa distinzione, Moore separa la parte dedicata all’analisi del termine “buono”
dall’etica normativa che fissa i principi che devono guidare la condotta e le cose che hanno
valore in se stesse.
L’analisi del concetto di “buono” mostra che “buono” è un
termine semplice
, poiché non
è scomponibile in parti. Per Moore ciò equivale a dire che “buono” è un
termine indefini-
bile
. Infatti, solo i termini complessi possono essere analizzati in parti e, quindi, definiti at-
traverso l’enumerazione delle loro parti. Il termine “buono” è come il termine “giallo”, il
quale non può essere analizzato; mentre “buono” non è come il termine “cavallo”, che è
definibile attraverso l’enumerazione delle qualità di questo animale.
Secondo Moore, allora, per sapere che qualcosa è buono non possiamo ricorrere ad alcuna
definizione: ciò può essere appreso soltanto attraverso l’intuizione. E
intuizionismo
viene
definita la concezione di Moore.
Tuttavia, l’analogia fra il termine “buono” e il termine “giallo” non è piena. Tra essi c’è una
differenza significativa: “giallo” è una proprietà naturale, mentre “buono” è una proprietà
che Moore considera non naturale.
I CARATTERI DI “BUONO” IN MOORE
BUOnO
“buono” è un
termine semplice
=
termine indefinibile
per sapere che qualcosa è “buono” occorre l’
intuizione
“buono” indica una
proprietà non naturale
2.1.3 La fallacia naturalistica
Un errore molto comune nelle concezioni etiche, secondo
Moore, è pensare che “buono” sia una proprietà definibile, e che questa definizione consi-
sta nel riferimento a qualche proprietà naturale.
Secondo Moore tale errore è un errore logico e consiste nel definire, attraverso il ricorso a
una proprietà naturale, un concetto che è indefinibile (in quanto è semplice). Questo erro-
re è la cosiddetta
fallacia naturalistica
. Non si può dare alcuna definizione di un concetto
etico come il concetto di “buono”: Moore sostiene che i termini valutativi come “buono”
non possono essere definiti attraverso espressioni naturali: per esempio, non si può dire che
“buono” significa “più evoluto”.
Questa posizione di Moore si ricollega alla cosiddetta “legge di Hume”, secondo la quale
una
prescrizione
non può essere derivata da una
descrizione
. Per esempio, non si può af-
fermare che dato che l’uomo ha certe caratteristiche naturali, allora ne deriva che egli deve
assecondarle. Infatti, c’è una differenza di piani tra i
fatti
e i
valori
, ossia tra il
piano dell’es-
sere
e il
piano del dovere
.
La
fallacia naturalistica
viene commessa dalle principali concezioni etiche. Esse sono:
1.
le
etiche naturalistiche
in senso stretto, che identificano “buono” con una proprietà na-
turale: per esempio, l’etica evoluzionistica di
Spencer
fa coincidere “buono” con ciò che è
più evoluto, e l’etica di
Mill
fa coincidere “buono” con ciò che è desiderato;
2.
le
etiche metafisiche
, come quella di
Kant
, che identificano “buono” con una proprietà
soprasensibile come la Volontà pura.
FILOSOFI
A
CONFRONTO
Il “buono” come
qualità semplice e
l’intuizionismo
T6
”Legge di Hume” e
distinzione tra fatti e
valori
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