Page 44 - 120900029664_alberghina_la_biologia

Basic HTML Version

gi. In questo caso, l’adesione della coda del capside alla parete
cellulare stimola la sua contrazione e l’immissione all’interno
della cellula dell’acido nucleico, così come farebbe una siringa
col proprio liquido. Il capside rimasto all’esterno degenera.
La
sintesi delle macromolecole virali
è la fase più com-
plessa della riproduzione di un virus: infatti, la duplicazione
del materiale ereditario richiede l’attivazione di meccanismi
specifici a seconda del tipo di acido nucleico presente. Quando
si tratta di RNA, occorrono enzimi specifici che lo duplichino,
attività assente nelle cellule che sintetizzano RNA solo per tra-
scrizione dal DNA: perciò il virus deve contenere nel proprio
materiale ereditario geni che codifichino per enzimi capaci
di attuare tale sintesi e, una volta avvenuta l’infezione, deve
subito farli tradurre dalla cellula ospite per poterne disporre.
L’
assemblaggio e liberazione
delle particelle virali è lo
stadio finale del ciclo replicativo (
fig. 47
e
fig. 48
).
La sintesi delle particelle virali può avvenire in
tre modi
Il genoma virale, tipicamente nel caso dei batteriofagi, può
distruggere il genoma batterico sostituendosi a esso e asserven-
do così totalmente la cellula ospite il cui apparato metabolico,
rimasto attivo, provvede alla duplicazione del genoma virale e
alla produzione delle proteine necessarie per la formazione di
nuovi fagi; una volta che questi sono pronti, la cellula si rompe
liberandoli di modo che i virus appena formati possono infettare
altre cellule. Questo meccanismo è definito
ciclo litico
.
In alternativa, il genoma virale e quello batterico possono
integrarsi per cui l’ospite dispone di un
genoma chimerico
, for-
mato cioè sia dai propri geni sia da quelli virali. Il DNA virale
inserito nel cromosoma batterico è chiamato
provirus
. Quan-
do la cellula ospite si riproduce, anche i geni virali si replicano
con esso anche per molte generazioni, senza esprimersi in
altre particelle virali.
Questo tipo di ciclo è detto
ciclo lisogeno
; la presenza del
genoma virale modifica comunque il genoma dell’ospite, che
pertanto viene detto trasformato. La trasformazione sarebbe
alla base dell’insorgenza di alcuni tumori sia negli animali che
nell’uomo.
In particolari condizioni ambientali il DNA virale può stac-
carsi da quello batterico avviando il ciclo litico. L’alternarsi dei
due cicli è presente anche nelle infezioni di cellule eucariote.
Un esempio tipico è quello dell’herpes, disturbo provocato
dal retrovirus
Herpes simplex
che si manifesta con infezioni ai
genitali (
Herpes-2
) e alle labbra, con le cosiddette “febbri” pro-
vocate da
Herpes-1
. Gli individui che ne vengono colpiti ospi-
tano in permanenza il provirus integrato nel proprio DNA che
passa dal ciclo lisogenico con nessuna manifestazione a quello
litico con comparsa delle febbri, particolarmente in condizioni
di stress, debilitazione ecc (
fig. 49
).
ezione
E
j
Le basi molecolari dell’ereditarietà: genetica ed evoluzione
S
38
INFEZIONE DELLA CELLULA
TRASCRIZIONE INVERSA
INTEGRAZIONE NEL DNA
DELL'OSPITE
trascrittasi inversa
proteine
provirus
RNA
DNA
RNA
ASSEMBLAGGIO
LIBERAZIONE DI VIRIONI
NEOSINTETIZZATI
SINTESI DEI COMPONENTI
VIRALI
Fig. 47
Nella replicazione di un retrovirus rivestito da
membrana l’intero virione entra per endocitosi nella
cellula ospite.
www.apprendiscienza.it
Le malattie virali
Viral diseases
C12_006_049_EFG.indd 38
08/02/12 09.46