Page 55 - 120900036226_aavv_scienzeumane

Basic HTML Version

polazione, le pratiche educative, l’organizzazione sociale e concluse che le
tensioni
e i
conflitti
tipici dell’adolescenza americana
non erano presenti 
in una società come quel-
la di
Samoa
. Nell’isola la società era organizzata in modo più semplice rispetto a quella
occidentale, gli adolescenti godevano di una maggiore libertà sessuale e valori e modelli
di riferimento erano ridotti; l’adolescente
non viveva
dunque il
conflitto
derivante dal
dover scegliere tra molteplici possibilità di idee, valori, carriere sociali. Tale situazione si
rifletteva sulla
personalità individuale
, meno conflittuale e sofferente rispetto a quella
dell’adolescente occidentale.
Gli effetti della cultura sulla personalità sono indagati anche nell’opera
Sesso e tempe-
ramento in tre società primitive
(1935), in cui Margaret Mead confrontò tre diverse po-
polazioni della Nuova Guinea –
Arapesh
,
Mundugumor
e
Ciambuli
–, giungendo
alla conclusione che
le caratteristiche di personalità legate al genere sessuale sono 
determinate culturalmente.
Gli
Arapesh
sono descritti come una popolazione mite
e pacifica, che educa i bambini in modo affettuoso, scoraggiando le manifestazioni di
aggressività verso gli altri. Non si riscontrano differenze nella personalità tra maschi e
femmine: sia gli individui maschili sia femminili sono miti e sensibili. I
Mundugumor
sono descritti come persone aggressive e combattive, i genitori non sono affettuosi con
i bambini, spesso li lasciano soli e impongono loro molte proibizioni. L’ideale maschile
e femminile è rappresentato da un individuo violento e aggressivo. Presso i
Ciambuli
i ruoli maschili e femminili sono ribaltati: la donna è il partner dominante, che pren-
de le decisioni, mentre l’uomo riveste ruoli di minore responsabilità. Mead voleva di-
mostrare che
non esistono caratteristiche psicologiche tipiche del genere maschi-
le o femminile
: le caratteristiche personali e le differenze di genere
sono determinate 
dalla cultura di appartenenza
.
Timidezza e relazione madre-bambino
Anche caratteristiche per-
sonali, come la
timidezza
, sono state oggetto di studi transculturali.
Alla fine degli anni Novanta, la psicologa
Giovanna Axia
ha con-
dotto con i suoi collaboratori una ricerca presso l’Università di Pado-
va su genitori di varie nazionalità. I risultati hanno evidenziato che
sono soprattutto i
genitori italiani
a preoccuparsi che i figli possa-
no essere timidi; gli olandesi, gli svedesi e gli americani danno minor
importanza a tale tratto e non mostrano preoccupazione per l’even-
tualità che i propri figli siano timidi. Dunque la timidezza è una ca-
ratteristica conosciuta e presente in tutte le culture esaminate, ma il
timore e la preoccupazione per la timidezza, invece, variano a secon-
da delle culture.
Per quanto riguarda la
relazione madre-bambino
, vi è un interes-
sante studio condotto nel 1994 da
Robert A. Le Vine
sui
Gusii 
del
Kenia
. Presso questa popolazione la relazione madre-bambino è caratterizzata da
scar-
se interazioni faccia a faccia
. La madre tende a rispondere allo sguardo o ai vocalizzi
del bambino girando la testa altrove. L’obiettivo sembra quello di mantenere il bambi-
no tranquillo, di evitare di eccitarlo, di calmarlo attraverso il contatto fisico. Tale com-
portamento si origina probabilmente dalla necessità della madre di tornare in tempi
brevi al
lavoro dei campi
, affidando il piccolo alle cure dei più grandi. Da qui la ne-
cessità di
formare un carattere tranquillo, facile da accudire
. Si evita quindi un le-
game di attaccamento troppo forte e si scoraggia la manifestazione di sentimenti per-
ché considerata
dannosa per la vita sociale
.
Una donna kenyota col proprio
bambino.
Q
ualche domanda
Perché lo studio dello
sviluppo cognitivo
non può prescindere
dal contesto
ambientale studiato?
S02_M06 538-593.indd 567
02/03/