Page 41 - 120900036226_aavv_scienzeumane

Basic HTML Version

4
L’antiglobalismo
La globalizzazione e la regionalizzazione
La globalizzazione, dunque, è un com-
plesso insieme di processi che coinvolgono quasi tutti gli aspetti del vivere associato,
ma questo non significa che la tendenza attuale sia univoca e priva di contraddizioni.
Non si assiste solo a una propagazione di determinati fenomeni che tendono a omo-
logare “dall’alto” i comportamenti delle popolazioni mondiali, ma vi sono anche se-
gnali sempre più frequenti di esigenze localistiche che emergono “dal basso”. In tutto
il mondo si sta verificando una
rinascita dei regionalismi
, delle subculture locali, dei
soggetti politici che si richiamano a radici etniche regionali.
La recrudescenza del problema delle minoranze nazionali può essere letta come una for-
ma di difesa dalla tendenza globalizzante. Nella misura in cui si indeboliscono gli Sta-
ti nazionali, molte culture locali riacquistano forza, autonomia, consapevolezza di sé.
Il movimento “no global”
Parallelamente alla consapevolezza pubblica del processo
di globalizzazione, è cresciuto, a livello mondiale, anche il movimento cosiddetto “no
global”, che ha fatto della battaglia contro la globalizzazione la propria bandiera. In
verità non si tratta di un movimento unico, ma di un
insieme molto eterogeneo
di
movimenti locali e nazionali, associazioni, gruppi, organizzazioni non governative, sin-
dacati e soggetti collettivi di vario tipo. Esponenti della società civile, i no global sono
accomunati dall’
idea che la globalizzazione
, o per meglio dire “questa” globalizzazio-
ne, nei
benefici
che porta non sia affatto globale, ma
molto parziale
.
Secondo i no global, se non guidata e corretta adeguatamente, essa finirà infatti per as-
servire il mondo intero all’ideologia neoliberista (“lasciamo che il mercato si regoli da
sé”) cui si ispirano le multinazionali del mondo industrializzato, il governo degli Sta-
ti Uniti e, in forma più o meno moderata, gli altri governi occidentali. Tale ideologia
mira, sì, a un maggiore sviluppo economico e benessere mondiale, ma in una manie-
ra che finisce per concentrare ancor più sviluppo e benessere nelle mani di quella pic-
colissima porzione della popolazione mondiale che già ce li ha: le classi agiate dei pa-
esi industrializzati.
Pur essendo molto frammentato, il movimento no global è riuscito a trovare forme
d’azione piuttosto efficaci e, a volte, persino eclatanti e in parte anche violente, come
le grandi manifestazioni di piazza in occasione di alcuni degli eventi più seguiti e cele-
brati della politica globale, quale per esempio la riunione del G8 a Genova nel 2001.
Attraverso queste manifestazioni e alcune campagne mirate a obiettivi specifici, come
la riduzione del debito dei paesi non sviluppati in occasione del Giubileo del 2000, il
movimento no global non è riuscito, naturalmente, a modificare la tendenza alla glo-
balizzazione in atto, ma ha posto all’ordine del giorno del dibattito internazionale e
degli organismi politici temi come le differenze tra mondo povero e mondo ricco e la
necessità di guidare i processi di globalizzazione verso scenari più equi e di maggior
benessere per tutti.
Q
ualche domanda
Qual è la posizione
del movimento
“no global” rispetto
al fenomeno della
globalizzazione?
S02_M06 538-593.indd 545
02/03/