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Si moltiplicarono le scuole che, a loro volta, erano concepite come luoghi creati in
funzione dell’infanzia e non locali occasionalmente adattati all’insegnamento. L’ab-
bozzo di sistema scolastico aperto anche ai ceti popolari già delineato nel XIX seco-
lo assunse le caratteristiche di un servizio sociale che divenne via via meno elitario,
destinato a un numero crescente di alunni che frequentavano la scuola per un tem-
po sempre più ampio.
Le scuole diventarono più eleganti, spaziose e armoniose; gli arredi e le soluzioni de-
corative tendevano a rendere piacevole la permanenza nelle aule. Dal banco fisso per
più alunni, scomodo e poco adatto alla socializzazione, si passò all’organizzazione fles-
sibile dello spazio, in modo da favorire la transizione dalle esperienze di gioco a quelle
proprie dell’apprendimento formale.
Emersero nuove figure professionali che si occupavano di bambini e ragazzi: medici
pediatri e neuropsichiatri, psicologi, educatori della prima infanzia ed educatori gio-
vanili arricchirono il quadro degli adulti che si prendevano cura dei minori, oltre ai
genitori e agli insegnanti.
Il punto di svolta alla base di questi cambiamenti è rappresentato da un
nuovo mo-
do di intendere l’infanzia
. Questa fase della vita fu a lungo ritenuta poco significa-
tiva, condizionata dalla sua accentuata precarietà fisica e dalla dipendenza dall’adulto.
Se l’infanzia non era percepita come un valore in sé, tanto valeva che durasse il meno
possibile e fosse perciò accelerato il passaggio all’età adulta.
La concezione novecentesca dell’infanzia si affidò invece al principio – già anticipato
da alcuni pedagogisti ed educatori (ad esempio Rousseau, Pestalozzi, Fröbel) che erano
andati controcorrente rispetto alle pratiche educative del loro tempo – secondo il qua-
le era necessario valorizzare la prima età dell’essere umano in quanto sviluppo pieno e
disinteressato delle
potenzialità infantili
, seguendo i ritmi propri della crescita psico-
fisico, gli interessi e i bisogni specifici. Per educare in modo efficace bisognava insom-
ma far leva sulle risorse del fanciullo, rispettandone l’intrinseca natura. Si diffuse con-
temporaneamente la convinzione che soltanto chi sperimentava nella sua completezza
l’età infantile avrebbe potuto godere di una piena maturità adulta.
Operaie al lavoro (1930)
nella Manifattura Tabacchi
di Venezia.
Q
ualche domanda
Quali esperienze
e studi hanno influito
maggiormente sulla
nuova pedagogia?
Come cambia la
“realtà dell’infanzia”
con il XX secolo?
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