Gli obiettivi


L’Italia si contraddistingue nel panorama europeo per il gran numero di varietà linguistiche locali, i dialetti, a cui ormai da tempo si sono affiancati gli italiani regionali. La complessità del repertorio disponibile ai parlanti nelle varie aree della penisola e nelle isole richiede alcune nozioni preliminari (la distinzione fra dialetto e lingua, la posizione degli italiani regionali, il concetto di continuum). Sarà quindi possibile dare una descrizione di massima delle principali aree dialettali e dei loro tratti più caratteristici, per concludere con una riflessione sulla vitalità dei dialetti e sul loro futuro.

Si parlerà di:

  • Che cos’è un dialetto? Si introduce la nozione di «dialetto» in rapporto alla nozione complementare di «lingua», mostrando come la distinzione tra lingua e dialetto sia legittima solo su base sociolinguistica e, ciò nondimeno, resti problematica. Si accenna quindi brevemente all’origine dei dialetti italiani che, come l’italiano, derivano direttamente dal latino e sono pertanto «dialetti primari», vale a dire sullo stesso piano della lingua nazionale anche per quel che riguarda la diacronia.

  • Che cosa s’intende per italiano regionale? Si passa quindi a illustrare le varietà locali di italiano note con il nome di «italiani regionali», qualificabili come «dialetti secondari», perché sviluppatisi dall’italiano e non direttamente dal latino. Attraverso alcuni esempi gli italiani regionali vengono distinti dai dialetti tradizionali, con cui pure condividono diversi tratti, dato che gli italiani regionali si sono originati dal contatto fra la lingua nazionale e i dialetti.

  • Quanti e quali sono i dialetti italiani? Dopo aver mostrato la difficoltà di tracciare confini dialettali e, di conseguenza, l’arbitrarietà di qualsiasi stima numerica dei dialetti parlati in Italia, si dà conto della classificazione della Carta dei dialetti d’Italia di G.B. Pellegrini (1977), ancora oggi di riferimento, distinguendo cinque sistemi dialettali (settentrionale, friulano, toscano, centromeridionale, sardo), a loro volta classificabili al loro interno in sottogruppi.

  • E gli italiani regionali? A complemento della classificazione dei dialetti, si tenta una tassonomia anche degli italiani regionali, che si caratterizzano per una diffusione più ampia e una maggiore influenza delle varietà cittadine (Roma, Milano, Napoli, ecc.).

  • Quali prospettive per i dialetti? La presentazione si conclude con una riflessione sul futuro dei dialetti, dati spesso per moribondi (se non già del tutto morti), e il cui uso invece conosce una nuova vitalità grazie a Internet, alle canzoni, alle serie televisive e ad altri vettori non tradizionali, benché in una forma che risente spesso dell’influenza dell’italiano.



Relatore


Daniele Baglioni (Roma, 1977) insegna Storia della lingua italiana e Dialettologia italiana all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove è coordinatore del dottorato di Italianistica. Si occupa di diffusione dei volgari italiani e dell’italiano fuori d’Italia (specie nel Mediterraneo medievale e moderno), di etimologia e di grammatica storica dell’italiano e dei dialetti italiani. Su questi temi ha scritto tre libri e diversi saggi in riviste specializzate e volumi di riferimento.

 

Moderatore


Duccio Canestri, Docente e consulente editoriale, Mondadori Education.

 

 

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