Terremoto in Turchia-Siria tra cause geologiche e responsabilità umane

di Chiara Anzolini

  • Materie coinvolte: Scienze della Terra

Terremoto in Turchia-Siria tra cause geologiche e responsabilità umane

Il 6 febbraio 2023 un forte terremoto ha colpito la zona al confine fra Turchia e Siria, provocando fino ad ora oltre 50.000 morti, un bilancio purtroppo destinato a crescere ulteriormente, anche a causa delle numerose repliche che hanno dato luogo a uno “sciame sismico”. Il sisma, di magnitudo 7,8 della scala Richter, è uno dei più violenti mai registrati nell’ultimo secolo e ha avuto il suo epicentro nei pressi di Gaziantep, città dell’area sud-orientale della Turchia, in una zona densamente popolata e caratterizzata da edifici molto fragili, costruiti in muratura di mattoni.

 

L’area tra la Turchia e la Siria ha un’elevata sismicità a causa della sua conformazione geologica. Questa zona, infatti, si trova nel punto di giunzione fra tre placche tettoniche: la placca Anatolica, la placca Arabica e quella Euroasiatica. Le spinte reciproche tra le placche provocano nel tempo l’accumulo di stress; una volta superato il punto critico di resistenza delle rocce, queste si fratturano e rilasciano all’improvviso tutta l’energia accumulata, dando origine a un terremoto.

Nel corso della storia la grande frattura che attraversa quest’area, chiamata faglia Est Anatolica, ha provocato numerosi terremoti di magnitudo superiore a 7, tra cui l’ultimo nel 1999 a Izmit. Il 6 febbraio scorso l'energia sprigionata è stata addirittura maggiore e, se pensiamo che la magnitudo aumenta di 1000 volte ogni 2 punti in più sulla scala Richter, significa che questo sisma è stato da 300 a 700 volte più violento di quelli che hanno colpito l’Italia nel 2016 (6,5 - Norcia) e nel 2009 (6,3 - L’Aquila).

Più che la magnitudo, però, a causare un elevato costo di vite umane è spesso la fragilità degli edifici in cui vivono le persone. Gli autori di un articolo pubblicato lo scorso marzo su Soil Dynamics and Earthquake Engineering suggerivano che il centro di Gaziantep avrebbe subìto danni da medi a gravi se fosse stato colpito da un terremoto di magnitudo 6,5, perché la maggior parte degli edifici esistenti erano strutture in mattoni, senza cemento armato, costruite molto vicine l’una all’altra e senza alcun rispetto per le norme antisismiche, nonostante il governo turco avesse imposto criteri rigidissimi dopo il rovinoso terremoto del 1999.

Un terremoto di tale intensità è poi accompagnato da eventi collaterali sia a breve che a lungo termine: primo fra tutti il pericolo tsunami, che ha messo in allerta per breve tempo le coste del Mediterraneo, tra cui il Sud Italia. Secondariamente, i fenomeni franosi che si innescano a causa delle scosse e che complicano ulteriormente le operazioni di soccorso. Infine, le repliche, o scosse di assestamento, che all’inizio possono essere molto forti, e che continuano anche per mesi o anni.

Considerato che a oggi non è possibile prevedere un terremoto, gli esperti stanno cercando di sviluppare dei sistemi di early warning che possano cogliere alcuni segnali premonitori, in modo da dare il tempo alle persone di mettersi in salvo prima dell’arrivo di una scossa. Tali sistemi, però, sono ancora lontani dal poter essere implementati, pertanto, l’unica soluzione efficace rimane quella della prevenzione, ovvero costruire edifici antisismici e preparare al meglio la popolazione.

 

Attività da proporre alla classe

Sulla base di questo articolo e di altre ricerche, le studentesse e gli studenti, suddivisi in gruppi da 3-4 persone, preparino un’infografica che spieghi la scienza alla base del terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, o sui terremoti in generale. Alcune domande che potrebbero illustrare sono:

  • Cos’è un terremoto?

  • Come vengono misurati?

  • Quali sono i diversi tipi di terremoti e le loro cause?

  • Cos’è il sistema di faglie anatolico?

  • Che ruolo ha avuto nel devastante terremoto e nelle repliche in Turchia e in Siria?