
Scienza ai confini del mondo
La ricerca scientifica italiana nelle regioni polari
di Eleonora Conca
- Materie coinvolte: Scienze della terra
La ricerca scientifica nelle regioni polari è fondamentale per aiutarci a comprendere i meccanismi che regolano i processi climatici globali e il loro impatto sull'ambiente. In questo scenario, l'Italia ricopre un ruolo di primo piano, sia in Artide che in Antartide, contribuendo con studi e missioni di grande importanza scientifica e rilievo internazionale.
La prima spedizione scientifica italiana al Polo Nord ebbe ufficialmente il via il 15 aprile 1928 con la partenza del Dirigibile Italia. Nel viaggio di ritorno il dirigibile si schiantò sul pack artico, ma la missione lasciò un segno profondo nella storia delle esplorazioni polari, ed è ricordata ancora oggi grazie a una base di ricerca che prende il suo nome.
La prima spedizione scientifica italiana al Polo Nord ebbe ufficialmente il via il 15 aprile 1928 con la partenza del Dirigibile Italia. Nel viaggio di ritorno il dirigibile si schiantò sul pack artico, ma la missione lasciò un segno profondo nella storia delle esplorazioni polari, ed è ricordata ancora oggi grazie a una base di ricerca che prende il suo nome.
Le basi di ricerca italiane
La stazione Dirigibile Italia è parte integrante di un importante centro internazionale di ricerca scientifica nell’Artico ed è il principale punto di riferimento per le attività italiane nella regione. Si trova a Ny-Ålesund (pronunciato Ni-Olesund), un piccolo insediamento sull'isola di Spitsbergen, nell'arcipelago delle Svalbard (Norvegia). Situato a 79° di latitudine nord, è uno degli insediamenti abitati più settentrionali del pianeta. Ny-Ålesund è oggi un esempio virtuoso di cooperazione scientifica internazionale: grazie alla condivisione di dati, infrastrutture e conoscenze, rappresenta un luogo unico, in cui la scienza è in grado di superare i confini geografici e politici.
In Antartide l’Italia dispone di due basi di ricerca scientifica, con caratteristiche e potenzialità molto diverse. La stazione Mario Zucchelli, situata sulla costa nella Baia di Terra Nova, è interamente gestita dall’Italia ed è operativa solo durante l’estate australe (da ottobre a febbraio), quando le condizioni climatiche lo permettono. La stazione Concordia, invece, si trova all’interno del continente, sull’Altopiano Antartico, a 3.233 m di altitudine. È una base permanente, attiva tutto l’anno, gestita in collaborazione con la Francia. Concordia è una delle stazioni più remote e inospitali del pianeta, con temperature in inverno che possono scendere oltre i -80°C.
In Antartide l’Italia dispone di due basi di ricerca scientifica, con caratteristiche e potenzialità molto diverse. La stazione Mario Zucchelli, situata sulla costa nella Baia di Terra Nova, è interamente gestita dall’Italia ed è operativa solo durante l’estate australe (da ottobre a febbraio), quando le condizioni climatiche lo permettono. La stazione Concordia, invece, si trova all’interno del continente, sull’Altopiano Antartico, a 3.233 m di altitudine. È una base permanente, attiva tutto l’anno, gestita in collaborazione con la Francia. Concordia è una delle stazioni più remote e inospitali del pianeta, con temperature in inverno che possono scendere oltre i -80°C.

Regioni polari e studio dei cambiamenti climatici
Le regioni polari sono le aree della Terra più sensibili e vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale: in questi luoghi i cambiamenti avvengono spesso in modo più rapido, intenso e visibile rispetto al resto del mondo. Allo stesso tempo, le regioni polari sono anche in grado di amplificare gli effetti dei cambiamenti climatici. Quando l’estensione dei ghiacci diminuisce, la superficie terrestre diventa più scura e assorbe una maggiore quantità di radiazione solare, riducendo l’effetto riflettente del ghiaccio (effetto albedo) e portando così a un ulteriore riscaldamento.
La ricerca scientifica in questo campo si concentra principalmente sullo studio dell’atmosfera, con attività che spaziano dalle misurazioni meteorologiche al monitoraggio della concentrazione dei gas serra, fino all'analisi del particolato atmosferico, ovvero delle minuscole particelle solide sospese nell’aria. Queste particelle hanno un impatto significativo sul clima terrestre, in quanto possono interagire con la luce solare, modificare la quantità e l'altezza delle nubi, e contribuire al riscaldamento o al raffreddamento del pianeta. Inoltre, una volta depositate al suolo, possono favorire la fusione di ghiaccio e neve.
Un altro filone fondamentale della ricerca sul clima è l’analisi delle carote di ghiaccio. Questi campioni, estratti da ghiacciai e calotte polari, sono utilizzati per ricostruire il clima del passato e studiare i cambiamenti climatici che si sono verificati nel corso delle ere geologiche. Le informazioni così ottenute hanno un particolare rilievo perché consentono il confronto tra la velocità dei cambiamenti climatici attuali e quelli passati, considerazione spesso necessaria per la comprensione della crisi climatica a cui ci troviamo di fronte oggi.
La ricerca scientifica in questo campo si concentra principalmente sullo studio dell’atmosfera, con attività che spaziano dalle misurazioni meteorologiche al monitoraggio della concentrazione dei gas serra, fino all'analisi del particolato atmosferico, ovvero delle minuscole particelle solide sospese nell’aria. Queste particelle hanno un impatto significativo sul clima terrestre, in quanto possono interagire con la luce solare, modificare la quantità e l'altezza delle nubi, e contribuire al riscaldamento o al raffreddamento del pianeta. Inoltre, una volta depositate al suolo, possono favorire la fusione di ghiaccio e neve.
Un altro filone fondamentale della ricerca sul clima è l’analisi delle carote di ghiaccio. Questi campioni, estratti da ghiacciai e calotte polari, sono utilizzati per ricostruire il clima del passato e studiare i cambiamenti climatici che si sono verificati nel corso delle ere geologiche. Le informazioni così ottenute hanno un particolare rilievo perché consentono il confronto tra la velocità dei cambiamenti climatici attuali e quelli passati, considerazione spesso necessaria per la comprensione della crisi climatica a cui ci troviamo di fronte oggi.
Regioni polari e studio degli oceani
Le condizioni dei ghiacciai e delle calotte polari hanno un impatto significativo anche sugli oceani, sebbene in modo diverso nelle due regioni. L’Antartide è un continente, e la sua calotta glaciale è costituita da una vasta distesa di ghiaccio che copre le terre emerse. La fusione di tale ghiaccio determina un riversamento negli oceani di enormi quantità di acqua dolce, che provocano allo stesso tempo un innalzamento del livello del mare e una riduzione della salinità marina.
Al contrario, al Polo Nord la calotta artica è in gran parte composta da ghiaccio galleggiante, noto come banchisa. Secondo il principio di Archimede, quando il ghiaccio galleggiante fonde, il livello del mare rimane invariato, poiché il volume d'acqua prodotto dalla fusione è equivalente al volume precedentemente occupato dal ghiaccio sotto il livello del mare. Pertanto, la fusione della banchisa artica non contribuisce direttamente all'innalzamento del livello del mare, ma causa comunque una riduzione della salinità marina.
Questa alterazione del livello dei mari e della loro salinità ha un impatto diretto sulla circolazione oceanica, che è cruciale per la regolazione del clima globale. La ricerca oceanografica nelle regioni polari si concentra quindi principalmente sul monitoraggio delle correnti marine e, nello specifico, della circolazione termoalina. Si tratta di un sistema globale di correnti oceaniche guidato da differenze di temperatura (termo) e salinità (alina) dell’acqua marina. Questo movimento crea una sorta di "nastro trasportatore" che collega gli oceani e permette il trasferimento di calore attraverso il pianeta.
Al contrario, al Polo Nord la calotta artica è in gran parte composta da ghiaccio galleggiante, noto come banchisa. Secondo il principio di Archimede, quando il ghiaccio galleggiante fonde, il livello del mare rimane invariato, poiché il volume d'acqua prodotto dalla fusione è equivalente al volume precedentemente occupato dal ghiaccio sotto il livello del mare. Pertanto, la fusione della banchisa artica non contribuisce direttamente all'innalzamento del livello del mare, ma causa comunque una riduzione della salinità marina.
Questa alterazione del livello dei mari e della loro salinità ha un impatto diretto sulla circolazione oceanica, che è cruciale per la regolazione del clima globale. La ricerca oceanografica nelle regioni polari si concentra quindi principalmente sul monitoraggio delle correnti marine e, nello specifico, della circolazione termoalina. Si tratta di un sistema globale di correnti oceaniche guidato da differenze di temperatura (termo) e salinità (alina) dell’acqua marina. Questo movimento crea una sorta di "nastro trasportatore" che collega gli oceani e permette il trasferimento di calore attraverso il pianeta.

E molto altro
Ma la ricerca in ambito polare non si limita agli studi climatici e oceanografici. Attualmente, sono in corso numerosi progetti in ambito geologico, tra cui l’analisi del permafrost, il monitoraggio sismico e geomagnetico, e lo studio della struttura e dell’evoluzione del continente antartico. Le condizioni atmosferiche particolarmente favorevoli – aria secca e limpida, quasi totale assenza di inquinamento luminoso – rendono queste aree ideali anche per osservazioni astronomiche di alta precisione.
Nel campo della biologia, grande rilievo ha lo studio della flora e fauna polare, con particolare attenzione agli adattamenti estremi che permettono la sopravvivenza in ambienti caratterizzati da freddo intenso e lunghi periodi di oscurità o luce continua. Inoltre, proprio questa singolare alternanza stagionale di luce e buio rende gli ambienti polari un vero e proprio laboratorio naturale per lo studio dei ritmi circadiani, permettendo di approfondire i meccanismi che regolano il ciclo sonno-veglia negli esseri viventi.
Nel campo della biologia, grande rilievo ha lo studio della flora e fauna polare, con particolare attenzione agli adattamenti estremi che permettono la sopravvivenza in ambienti caratterizzati da freddo intenso e lunghi periodi di oscurità o luce continua. Inoltre, proprio questa singolare alternanza stagionale di luce e buio rende gli ambienti polari un vero e proprio laboratorio naturale per lo studio dei ritmi circadiani, permettendo di approfondire i meccanismi che regolano il ciclo sonno-veglia negli esseri viventi.
Proposta di attività per la classe
Dentro la ricerca polare: indagine scientifica e analisi dei dati reali
L’obiettivo di questa attività è l’approfondimento delle principali aree di ricerca attive nelle regioni polari, sviluppando competenze di analisi, sintesi e comunicazione scientifica, anche attraverso l’uso di dati reali.
L’obiettivo di questa attività è l’approfondimento delle principali aree di ricerca attive nelle regioni polari, sviluppando competenze di analisi, sintesi e comunicazione scientifica, anche attraverso l’uso di dati reali.
- Preparazione – Suddivisione degli studenti in gruppi e assegnazione a ciascun gruppo di un ambito della ricerca polare (clima, biologia, geologia, oceanografia, astronomia...).
- Ricerca – Raccolta di informazioni da parte dei gruppi sull’ambito di ricerca scientifica a essi assegnato, ricerca di dati reali disponibili sui siti ufficiali degli istituti o dei gruppi di ricerca, elaborazione dei dati e creazione di grafici, interpretazione dei risultati ottenuti.
- Elaborazione – Creazione di una presentazione multimediale della ricerca effettuata, che includa: introduzione al tema, spiegazione delle attività di ricerca scientifica collegate, grafici o tabelle con dati reali e loro interpretazione.
- Condivisione – Presentazione del lavoro svolto alla classe, che può essere vista come un piccolo convegno scientifico scolastico. Dopo ogni esposizione, ci sarà spazio per domande e confronto tra i gruppi, e per una riflessione sull'importanza della ricerca polare per il futuro del pianeta.
Sitografia
Bibliografia
Addio ai ghiacci:
Rapporto dall'Artico
Peter Wadhams
Bollati Boringhieri (2017)
ISBN: 978-88-339-7575-7
Rapporto dall'Artico
Peter Wadhams
Bollati Boringhieri (2017)
ISBN: 978-88-339-7575-7