Evoluzioni sinaptiche

Come il clima plasma il nostro cervello di Ylenia Nicolini
  • Materie coinvolte: Biologia

Il cambiamento climatico è una delle sfide più urgenti che l’umanità si è trovata ad affrontare. Mentre gli effetti devastanti sull’ambiente e sull’economia sono al centro delle discussioni, un aspetto rimane ancora nell’ombra: in che modo il clima in mutamento potrebbe influenzare il nostro corpo, in particolare il nostro cervello? Per rispondere a questa domanda sarà necessario fare un tuffo nel passato, un viaggio nel tempo attraverso le principali tappe dell’evoluzione umana, per comprendere come i nostri antenati (e in particolare il loro cervello) abbiano risposto ai cambiamenti ambientali del passato.

Uno degli aspetti più affascinanti dell’evoluzione umana è l’aumento delle dimensioni cerebrali. Le prime specie del genere Homo, come Homo habilis, beneficiarono di aumenti notevoli nel volume cerebrale, un tratto che continuò a cambiare in Homo erectus, Homo heidelbergensis, e, in ultimo, in Homo neanderthalensis e Homo sapiens. Questo incremento è particolarmente evidente se si confrontano le capacità craniche delle varie specie del genere Homo: in Homo habilis il volume cerebrale variava tra 600 e 750 cm³, mentre in Homo sapiens ha raggiunto in media 1300-1400 cm³, di fatto raddoppiando nel corso dell’evoluzione.

Tale espansione cerebrale ha favorito lo sviluppo di capacità cognitive sempre più complesse, a loro volta correlate con abilità come la produzione di strumenti, l’acquisizione del linguaggio, l’uso del fuoco e altri comportamenti fondamentali per l’evoluzione culturale e tecnologica dell’umanità. Tuttavia, la ragione per cui il cervello umano è aumentato di dimensioni nel corso del tempo è ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati. Molte teorie suggeriscono che l’evoluzione della dieta, la competizione tra specie, e l’aumento delle esigenze cognitive abbiano avuto un ruolo fondamentale in questi sviluppi. Eppure, la crescita del cervello non è stata un processo lineare e ininterrotto. Studi recenti mostrano infatti che, in alcuni periodi, le dimensioni del cervello umano sono addirittura diminuite. Questo suggerisce che ci siano stati fattori ambientali e climatici che hanno spinto il nostro cervello ad adattarsi in modi complessi e talvolta inaspettati.

Uno degli elementi chiave che influenzano le dimensioni del cervello sembra essere la temperatura globale. Le prove fossili rivelano infatti che, in periodi caratterizzati da climi più freddi, la dimensione del cervello umano tendeva ad aumentare, mentre in periodi più caldi e stabili la tendenza era inversa. Le ragioni alla base di questo fenomeno sono legate a considerazioni metaboliche: il cervello è un organo ad alta richiesta energetica e, in ambienti caldi, un cervello di dimensioni più contenute potrebbe rappresentare un vantaggio dal punto di vista del consumo energetico e della dispersione del calore.

Circa 300.000 anni fa, con la comparsa di Homo sapiens, il cervello umano aveva raggiunto dimensioni considerevoli. Ciò che è interessante, però, è che nonostante il trend di aumento continuo della dimensione cerebrale, ci sono stati anche periodi di decelerazione, e addirittura di riduzione delle dimensioni del cervello. Durante il Pleistocene Medio (circa 875.000 anni fa) e nell’Olocene (negli ultimi 12.000 anni), per esempio, l’espansione del cervello ha subito una flessione. Va in effetti considerato che, sebbene un cervello più grande fornisca numerosi vantaggi cognitivi, come la capacità di risolvere problemi complessi o di usare il linguaggio, la crescita cerebrale ha anche dei costi. Un cervello grande richiede molta energia e produce una grande quantità di calore. Di contro, un cervello più piccolo produce meno calore e richiede minori risorse energetiche, rendendo tale adattamento vantaggioso in ambienti più caldi. Di conseguenza, l’evoluzione del cervello umano potrebbe essere stata influenzata anche dal bisogno di adattarsi ai cambiamenti ambientali, come le temperature estreme o la scarsità di risorse.

Oggi il riscaldamento globale sta accelerando e il pianeta sta vivendo un aumento delle temperature senza precedenti. Le temperature globali sono tra le più alte degli ultimi 125.000 anni, con un incremento di oltre 1,1°C nell’ultimo secolo e proiezioni che indicano un ulteriore aumento di almeno 1,5°C entro la fine di questo secolo. Se il clima può influire sulla dimensione e sulla fisiologia del cervello umano, è possibile che il cambiamento climatico attuale conduca a un ridimensionamento cerebrale, come avvenuto in passato?

Gli effetti diretti del cambiamento climatico sulle dimensioni cerebrali sono ancora oggetto di studio, ma i dati disponibili suggeriscono che la temperatura globale possa essere un fattore significativo. Il cervello umano, essendo un organo ad alta intensità metabolica, è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Un aumento della temperatura media potrebbe spingere verso una selezione naturale che favorisce cervelli più piccoli, meno suscettibili ai problemi legati all’eccessivo calore e al consumo energetico. Tuttavia, l’evoluzione non è mai lineare e le risposte fisiologiche del cervello umano potrebbero essere influenzate da una complessa interazione di fattori, tra cui anche l’adattamento culturale, tecnologico e sociale.

Oltre alla temperatura, l’umidità, la disponibilità di risorse alimentari e l’instabilità climatica potrebbero contribuire a modificare la nostra fisiologia. In ambienti particolarmente stressanti, come quelli caratterizzati da temperature molto alte o da cambiamenti climatici repentini, il cervello potrebbe essere influenzato non solo in termini di dimensione, ma anche per quanto riguarda le capacità cognitive e il comportamento sociale.

Oggi, tuttavia, la tecnologia, la cultura e i progressi scientifici possono giocare un ruolo fondamentale nel determinare la nostra capacità di adattamento alle sfide climatiche. L’innovazione tecnologica e i cambiamenti sociali potrebbero mitigare gli effetti diretti del cambiamento climatico sul nostro cervello, ma le pressioni evolutive continueranno a modellare la nostra fisiologia. Il legame tra cambiamenti climatici e dimensione cerebrale ci invita a riflettere su quanto l’ambiente abbia influenzato e continui a influenzare la nostra evoluzione. Comprendere quindi come il clima possa modellare il nostro cervello non è solo un viaggio nel passato, ma una prospettiva importante per affrontare le sfide future in un mondo sempre più soggetto al riscaldamento climatico.

 

Proposta di attività per la classe

Suddivisi in piccoli gruppi, approfondite il rapporto tra la “Regola di Bergmann”, l’evoluzione del cervello umano e i cambiamenti climatici. L’obiettivo sarà quello di comprendere come la temperatura globale abbia influenzato le dimensioni corporee e cerebrali delle diverse specie di Homo.

Fase 1:

Conducete una ricerca in Internet sulla “Regola di Bergmann”, che spiega come gli animali a sangue caldo tendano ad avere dimensioni corporee maggiori nelle regioni fredde e minori in quelle calde per ottimizzare la dispersione del calore. Analizzate esempi concreti nel regno animale e discutete in gruppo di come questa regola possa avere influenzato l’evoluzione umana, in particolare la variazione delle dimensioni corporee e cerebrali delle diverse specie di Homo in relazione ai cambiamenti climatici.

Fase 2:

  1. Ricercate informazioni sulle principali specie del genere Homo (Homo habilis, Homo erectus, Homo heidelbergensis, Homo neanderthalensis, Homo sapiens), analizzando l’epoca in cui sono vissute e le caratteristiche del loro cervello (dimensione e funzioni).

  2. Effettuate una ricerca online sulle paleotemperature che hanno caratterizzato il Pleistocene e l’Olocene e realizzate una linea del tempo che riporti la comparsa delle diverse specie di Homo, le variazioni di temperatura globale nelle rispettive epoche, le dimensioni e le caratteristiche del cervello umano nei vari periodi storici.

  3. Condividete con i compagni e l’insegnante la vostra linea del tempo illustrando come il clima possa aver influenzato l’aumento o la riduzione delle dimensioni cerebrali nel tempo, collegando le vostre osservazioni alla Regola di Bergmann.


 

Bibliografia