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Il futurismo russo: la poliedrica figura di Majakovskij
Il futurismo russo che si sviluppa poco prima e sulla scia della rivoluzione può essere studiato in connessione con:
specifici movimenti artistici russi, raggismo, suprematismo, costruttivismo
ecc, che interagiscono;
il futurismo italiano di cui è sicuramente discendente, anche se
con fondamentali distinguo.
Una figura chiave è Vladimir Majakovskij che incarna in sé il poeta, lagitatore politico, il creatore di mezzi di propaganda, luomo geniale e dalle mille contraddizioni che non è riuscito a vivere il riflusso autoritario e si è suicidato nel 1930. Esaminiamo alcuni aspetti.
Quando Marinetti si reca in Russia nel 1913 gli avanguardisti locali lo fischiano, giudicandolo ormai superato e borghese. Majakovskij, che dopo la rivoluzione si schiera col nuovo governo, pur non amato da Lenin, si impegna come scrittore militante, artista grafico. I suoi tabelloni spiegano efficacemente il nuovo potere popolare nellatto di schiacciare le figure dellantico regime e rivelano un comunicatore davvero geniale.
N.B.: Una ricerca trasversale incentrata su Vladimir
Majakovskij potrebbe studiare in parallelo il grafico creatore di manifesti,
il poeta declamatore di versi infiammati sulle piazze, luomo di teatro,
il teorico del LEF, il fronte di sinistra delle arti.
Prima di presentare saggi di testi poetici occorre fare chiarezza sulla distanza che separava il futurismo italiano da quello russo. Un punto focale è la guerra.
Mentre Marinetti aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo» e «collaudo sanguinoso e necessario della forza di un popolo», il poeta russo dichiarava il suo «schifo e odio per la guerra» e rivolgendosi al soldato vittima gli rivolgeva questi versi:
« Tu che combatti per loro e muori, / quandè che ti leverai in piedi / in tutta la tua statura / e lancerai sulla loro faccia / la tua ira profonda / in un grido: Perché si combatte questa guerra?»
Altre corde che Majakovskij sa genialmente modulare, mostrando una duttilità rara nellambito futurista, sono quella ironica e quella piena di afflato epico per la rivoluzione.
Della vena ironica è indicativo un componimento dedicato a un flirt tra
una torpediniera e un torpediniero.
Il titolo è Marina da guerra in
amore; ecco alcuni distici: «
E per il torpediniero, infinita / è la felicità della vita // Ma li scoprì con gli occhiali sul naso / un riflettore pedante, per caso // Una sirena fece la spia, / denunziandone a tutti la scia. // Fuggì via la torpediniera, / come al vento della bufera
»
Una sincera partecipazione allo slancio rivoluzionario è attestato invece da versi come questi (da La nostra marcia):
«Batti in piazza il passo dellodio, / in alto la testa superba! / Con lacqua di un nuovo diluvio / laviamo le vie della terra! // Gaio è il pelo dei giorni, / lento è degli anni il tratturo. / Dio è una corsa senza ritorno, / il nostro cuore è un tamburo
»
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