Sìsifo
(gr. Sísuphos, lat. Sisyphus)

Fondatore e primo re di Corinto, figlio del dio Eolo e della mortale Enàrete, considerato sin da Omero il più astuto degli uomini. Egli fu padre di Glauco (padre a sua volta di Bellerofonte) e venne presto messo in relazione con la genealogia di un altro celebre eroe dell’astuzia, Odisseo: sarebbe stato Sisifo, infatti, a giacere segretamente con la figlia di Autòlico, Anticlèa, ingravidandola prima che ella convolasse a nozze con Laerte e desse alla luce Odisseo. L’esercizio eccessivo dell’inganno e del raggiro sono all’origine del supplizio cui egli sarà condannato nell’Ade (e noto già da Odissea XI 593 ss.): spingere con estrema fatica, lungo una ripida salita, un masso destinato puntualmente a scivolare sino al punto di partenza, non appena arrivato in prossimità della cima (tale fatica divenne proverbiale in età antica, a designare uno sforzo inutile e senza frutto; in età contemporanea, specie con l’esistenzialismo francese e con A. Camus, essa divenne addirittura l’emblema della condizione umana). La pena sarebbe stata decretata da Zeus per punire i ripetuti affronti subiti da Sisifo: fu lui infatti a rivelare al dio-fiume Asòpo che sua figlia Egìna era stata rapita da Zeus in persona (Sisifo ne ottenne in cambio una fonte perenne per la città di Corinto); quando il sommo dio inviò Thánatos (la «Morte», ma in greco il termine è maschile) a punire lo spione, Sisifo riuscì ad incatenarlo nei suoi stessi ceppi. Thanatos fu in séguito liberato da Ares e poté così compiere l’incarico affidatogli da Zeus: ma poco prima di morire, Sisifo ordinò a sua moglie Mèrope (una delle Pleiadi) di non tributargli i tradizionali onori funebri, e quindi, con la scusa di vendicarsene, ottenne da Ade il permesso di ritornare in vita. Secondo alcune fonti, sarebbe quindi morto serenamente di vecchiaia nel suo regno, a Corinto, pagando soltanto nell’oltretomba il fio delle sue malefatte.

[Federico Condello]