Pedagogo

Il termine paidagogós, «educatore dei bambini», «pedagògo» (da paîdes e agogé nel senso di «educazione»), con tutti i suoi affini e derivati, non compare che nel V secolo a.C. (le prime occorrenze sono in Erodoto, Sofocle e Euripide), ma designa una realtà che dovette essere assai comune, almeno nelle case aristocratiche, sin dall’età arcaica: la presenza di un istitutore, diverso dalle figure dei genitori, deputato a impartire ai pupilli delle buone famiglie rudimenti culturali che, in epoca di scarso o nullo alfabetismo, saranno consistiti innanzitutto in competenze di carattere relazionale e in discipline tipicamente aristocratiche come musica e ginnastica.

La presenza di uno o più educatori, nelle case greche e romane, è da mettere in relazione con i seguenti fenomeni: 1) i tratti propri della famiglia antica, che non prevedeva – almeno nei ceti più abbienti – un incarico educativo affidato direttamente ai genitori; 2) l’assenza di strutture educative pubbliche, che non conobbero una diffusione di qualche rilievo prima del V secolo a.C., e che comunque non raggiunsero mai – se non quando se ne fecero carico, a partire dalla tarda antichità, le strutture ecclesiastiche – un’importanza tale da interessare, come oggi appare scontato, infanzia e puerizia.

Nella memoria mitica dei Greci, il ruolo del pedagogo è spesso ricoperto da figure favolose come i Centauri (così per esempio nell’infanzia leggendaria di Achille e Giasone presso il Centauro Chirone), ma anche da individui come Fenice, che, esule dalla propria terra, ricevette da Peleo Achille, «fanciullo, che ancora non conosceva la guerra crudele / né le pubbliche riunioni dove gli uomini si fanno onore», e suo compito fu farlo divenire «buon parlatore di parole e buon facitore di fatti» (Iliade IX 440 ss.).

In séguito, ad Atene come a Roma, il pedagogo fu per lo più uno schiavo, probabilmente incaricato di funzioni non soltanto educative (per esempio il pedagogo di Temistocle in Erodoto, VIII 75), figura parallela alla nutrice, con la quale ha in comune peraltro il forte legame affettivo che sembra stabilirsi spesso fra lui e i suoi pupilli (per esempio Euripide, Ione, 725 ss.). Non è un caso che il pedagogo, nel teatro attico e non solo, ricopra sempre le vesti di un personaggio assai vicino, per prolungata comunanza e confidenza, ai protagonisti.

Naturalmente non mancarono proposte pedagogiche alternative: Sparta era celebre per il carattere rigorosamente pubblico dell’agogé impartita ai suoi cittadini, e il Platone ‘filolaconico’ della Repubblica coinvolge tutto il sistema educativo tradizionale (fondato su balie e pedagoghi) nella sua formidabile – e tuttora attuale – requisitoria.

[Federico Condello]