Ippòlito
(gr. Hippólutos; lat. Hippolytus)

Figlio del re di Atene Tèseo e di un’Amazzone, a seconda delle versioni indicata come Melanippe, Antìope o Ippolita. Dalla madre Ippolito eredita da un lato la passione per la caccia e la devozione ad Artemide, dall’altro la scarsa considerazione per Afrodite. Secondo il mito dunque Afrodite si sarebbe vendicata ispirando nel cuore della seconda moglie di Teseo, Fedra, un folle desiderio per il figliastro. Umiliata dal rifiuto delle sue profferte amorose, Fedra si uccide, lasciando tuttavia scritto che Ippolito le aveva usato violenza. Teseo allora invoca la morte del figlio da parte di Poseidone. Il dio, mentre Ippolito percorre con il carro la spiaggia di Trezène, fa emergere dalle onde marine un toro mostruoso che spaventa i cavalli, e procura la morte di Ippolito (Apollodoro, Epitome I 17-19, Euripide, Ippolito). Teseo saprà la verità solo più tardi.

Una tradizione minoritaria vuole tuttavia che Artemide inducesse Asclepio, dio della medicina, a risuscitare Ippolito e lo conducesse poi con sé nel suo santuario di Ariccia, nel Lazio. I Romani identificarono Ippolito con Virbio, divinità della caccia e dei boschi, venerato insieme a Diana (cfr. Artemide) nel santuario di Ariccia.

In Grecia Ippolito era oggetto di culto soprattutto ad Atene e a Trezene, dove si localizzava la sua tomba. A Trezene esisteva, forse già nel VII secolo a.C., un culto di Ippolito; a lui nel giorno delle nozze le fanciulle consacravano la chioma, cantando una triste melodia che ricordava la castità del giovane e la passione di cui fu vittima. In Atene invece la vicenda di Fedra e Ippolito sembra fissarsi solo a partire dal V secolo a.C.: non a caso proprio in quest’epoca è documentata, alle pendici meridionali dell’Acropoli, l’esistenza di un tempio dedicato ad Afrodite, comunemente detta Hippolutía.

La vicenda di Ippolito ben si adattava al simbolismo funerario, e il personaggio compare spesso sui sarcofagi; in epoca romana, tramite forse la mediazione dell’arte ellenistica, il soggetto incontra una certa fortuna anche nella decorazione parietale. Per le fonti letterarie e le riscritture moderne del mito cfr. Fedra.

[Elena Esposito]