Erinni
(gr. Erinúes; lat. Erinnyes/Furiae/Dirae)

Etimo e origine
Divinità ctonie, pre-olimpiche, della vendetta. Il nome attestato più anticamente è quello di ‘Erinni’, mentre la forma ‘Eumènidi’ («dèe benigne») può considerarsi un eufemismo (a causa del terrore che esse suscitavano non si osava infatti nemmeno pronunciarne il nome); oppure un’allusione al benessere che – tramite la punizione ai malvagi – le dèe procuravano ai buoni; o infine potrebbe legarsi alla comprensiva valutazione della colpa che, nell’evoluzione del diritto, era andata sostituendosi alla loro originaria implacabilità (nelle Eumenidi di Eschilo la giustizia viene sottratta all’àmbito famigliare dei géne e affidata al tribunale dell’Atene democratica, che sostituirà la vendetta privata di sangue con le pene stabilite dalla legge). L’appellativo di ‘Eumenidi’ sarebbe legato all’assoluzione di Oreste da parte dell’Areòpago, una volta placata l’ira delle Erinni vendicatrici della madre Clitemnestra.

Secondo la Teogonia di Esiodo le Erinni nacquero dalla Terra, fecondata dalle gocce del sangue di Urano, evirato da Crono; un’altra tradizione invece (testimoniata dalle Eumenidi di Eschilo) le vuole figlie della Notte e abitanti nel Tartaro. Il loro numero inizialmente è variabile, ma a partire da Euripide (Oreste 408; Troiane 457) sembra fissarsi a tre: Aletto (l’«incessante»), Megèra (l’«invidiosa»), Tisifone (la «vendicatrice dell’omicidio»). Sono rappresentate come esseri mostruosi, creature femminili alate, dallo sguardo terribile, caratterizzato da occhi stillanti gocce di sangue; tra i loro attributi, serpenti arrotolati alle mani o intrecciati nei capelli, piedi di bronzo, fiaccole e sferze.

Prerogative e culto
Le Erinni perseguitavano in particolare chi si macchiava di delitti di sangue nell’àmbito famigliare del génos (per esempio, i matricidi Oreste e di Alcmeòne), rendendo folle il colpevole o adoprandosi in modo tale che altri mortali si vendicassero su di lui. Si accanivano anche contro gli spergiuri, contro chi disobbediva a genitori e anziani; punivano – non solo sulla terra ma anche nell’aldilà – la mancanza di rispetto verso i deboli, la violazione delle leggi dell’ospitalità, il comportamento impietoso verso i supplici e in generale chiunque non rispettasse, spinto da tracotanza, le norme etiche. Le Erinni avevano un santuario a Colòno (sobborgo di Atene) ed erano venerate ad Argo e a Sicione. Nei sacrifici venivano loro offerti soprattutto agnelli neri e una bevanda costituita da miele e acqua.

Arte e letteratura
La più compiuta rappresentazione letteraria delle Erinni si trova nell’Orestea di Eschilo; nel mondo latino Ennio scrisse un rifacimento, perduto, delle Eumenidi eschilee e Virgilio le menziona più volte nell’Eneide. Si trovano spesso rappresentate su sarcofagi etruschi e romani e su vasi italici; rare invece le sculture a tutto tondo.

[Elena Esposito]